È come osservare per la prima volta un rinoceronte da 15 cm. Quello che sta accadendo in questi giorni alla stampa italiana impegnata a descrivere vecchie dinamiche della rete internet diventate per una volta notizie da prima pagina è davvero qualcosa che ci assomiglia. Volonterosi zoologi che hanno visto il sacro erbivoro delle savane africane solo in fotografia, si ripromettono di studiarlo dal vivo osservandolo da distanza troppo ravvicinata ed i risultati delle loro ricerche risultano così tanto curiosi quanto improbabili.
Oggi non c’è giornalista politico in Italia che non passi qualche minuto della propria giornata a scandagliare i blog di Mastella o di Di Pietro, di Beppe Grillo o di Claudio Burlando per poi tornarsene a casa con almeno due certezze. La prima è lo spunto per un articolo fatto quasi interamente ricopiando i commenti dei lettori dei blog in questione (per esempio: quasi tutti i quotidiani hanno citato i commentatori di Beppe Grillo che manifestavano perplessità nei confronti della discesa in campo del comico), la seconda è che il popolo dei commentatori della rete internet sia composto in buona parte da violenti, psicopatici, esibizionisti e coprolalici. Che insomma su Internet si ritrovi a manifestare il proprio pensiero la maggior schiera di maleducati che sia loro mai capitato di incontrare.
Del resto si tratta di un punto di vista con qualche solido appoggio se e vero come è vero che il blog semisconosciuto di Claudio Burlando nei giorni scorsi è stato assalito da centinaia di commentatori desiderosi di manifestare con toni da osteria il proprio dissenso per l’episodio automobilistico di cui il politico ligure è stato protagonista.
“Gogna mediatica”, la chiamano un po’ tutti. E poiché trattasi almeno in parte di “stupidaggine” proviamo a capire perché.
Intanto il rinoceronte occorre osservarlo da una certa distanza. Quella che i sociologi chiamano “intelligenza connettiva” è infatti un fenomeno costruito in buona parte da collegamenti distanti. Non si può, come è accaduto spesso e come ancora accadrà in futuro, osservare una singola voce di Wikipedia per poi sostenere, per esempio, che la grande enciclopedia libera non funziona. Non è possibile ricopiare quattro (o quattrocento) commenti magari molesti e stupidi scritti su un blog per descrivere fenomeni di ben superiore complessità. A chi di mestiere oggi “racconta Internet” è richiesto intanto di capire quando ingrato e difficile sia il proprio lavoro.
Perché la tentazione di ridurre tutto alla descrizione della voce popolare è sempre forte e poco dispendiosa. Quando il governo Prodi approvò l’indulto, un provvedimento molto mal visto da gran parte dei cittadini italiani, Paolo Gentiloni sul suo blog ricevette decine di commenti delusi (e talvolta offensivi) sulla iniziativa del governo. Le voci critiche alle iniziative di Beppe Grillo, per esempio un articolo di qualche tempo fa di Andrea Romano su La Stampa, hanno scatenato reazioni scalmanate e del tutto fuori misura da parte di fan di Grillo stesso che in molti hanno descritto come l’esempio di un certa nuova onda digitale reazionaria. I commenti sul blog di Burlando, per chi avesse tempo da perdere per andarseli a leggere, sono un discreto florilegio di offese e stupidaggini varie una in fila all’altra. E ci sono decine di altri esempi simili.
È possibile da questo dedurre che i cittadini della rete sono selezionati nei peggiori quartieri dell’albergo Italia? Difficile. È forse il caso di immaginare che sia il mezzo Internet a sciogliere le inibizioni dei più, restituendo la vera essenza verbale (una certa discreta incazzatura) che nella vita reale si tende a contenere? Vero, ma con qualche importante distinguo.
Lo strumento Internet certamente e non da ieri ha l’antipatica caratteristica intrinseca di estremizzare i toni verbali. Si tratta di una dinamica comunicativa molto nota e immediata che curiosamente si manifesta in maniera maggiore fra gli utenti recenti della rete. Esiste una grammatica comunicativa di rete che si impara poco alla volta e che aiuta ciascuno di noi a moderare i toni e ad evitare i flame, a dosare la propria nuova capacità di parola in ambiti fino a ieri irraggiungibili. Molti dei commentatori scatenati di questi giorni semplicemente non hanno ancora avuto tempo di apprenderla. Ma non è solo questo. C’è da considerare anche la questione, non meno importante, della “permanenza dei contenuti”. In rete le parole restano e possono essere portate a testimonianza. Se i giornalisti che oggi si indignano per la scarsa educazione dei navigatori della rete (o peggio per l’intrinseca violenza del mezzo) se ne stessero ad origliare davanti al bancone di un bar le parole degli avventori sui medesimi argomenti, ascolterebbero discorsi di uguale tenore sui contromano di Burlando o sui viaggi aerei di Mastella. Probabilmente anzi ascolterebbero parole peggiori.
Infine, accanto alla permanenza indelebile dei contenuti c’è anche una grande assenza da considerare (e che nessuno considera mai) che è quella di quanti hanno letto la pagina in questione, si sono fatti una opinione e non l’hanno lasciata.
Costoro sono sempre la grande maggioranza ed il loro parere non espresso è assai più importante di quello di quanti hanno deciso di lasciare una traccia. Giudicare le reazioni su un media elettronico in base al tenore dei commenti è quindi una semplificazione che non solo non spiega la complessità e non dà conto delle conversazioni al riguardo (che possono essere localizzate da tutt’altra parte anche se ad un link di distanza) ma che ha ottime possibilità di rivelarsi del tutto errata.
Quindi quando incontrerete nei prossimi giorni (e accadrà spesso perché la stampa nostrana è molte volte assai pigra) articoli sui media composti dai commenti al blog di tizio e caio, girate subito pagina. Si tratta di qualcuno che sta osservando la pelle del rinoceronte da molto vicino senza aver mai visto uno di quei bestioni in precedenza.
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