Contrappunti/ Se il Weblog (ri)disegna la rete

Contrappunti/ Se il Weblog (ri)disegna la rete

di Massimo Mantellini. Avventati, confessionali, funky e pecoroni. Sono così i blogger secondo Rosemberg. E sono maledettamente interessanti. Realizzare un Weblog è come entrare a far parte di un club
di Massimo Mantellini. Avventati, confessionali, funky e pecoroni. Sono così i blogger secondo Rosemberg. E sono maledettamente interessanti. Realizzare un Weblog è come entrare a far parte di un club


Roma – Qualche giorno fa riordinando i bookmark mi sono accorto che gran parte dei miei ultimi segnalibri riguardavano dei weblog. I weblog, nati come piccoli e narcisisti diari online nei quali appuntare pensieri o impressioni personali, nel giro di un anno sono diventati adulti anche in Italia. Che lo strumento in sé sia innovativo e pieno di potenzialità ce lo dicono se non altro le furiose discussioni e le piccole polemiche che il successo dei blog informativi ha scatenato in USA negli ultimi mesi (si veda al riguardo anche l’articolo di Bernardo Parrella su Apogeonline di qualche giorno fa). Si tratta di una discussione articolata e interessante: tutte le grandi testate USA, dal New York Times in giù, hanno dedicato ai weblog articoli di approfondimento nei quali si cerca di comprendere se, ancora una volta, la professione delle cinque W possa o debba essere rivista alla luce delle nuove tecnologie.

Come capita spesso fra i vari eccessi in un senso e nell’altro, le parole più sagge sono forse quelle uscite dalla tastiera di Scott Rosemberg di Salon, che dice :

“Dovrebbe essere ovvio che i weblog non sono in competizione con il mondo del giornalismo professionale, ma piuttosto ad esso complementari. Se i giornalisti sono criticati per essere eccessivamente cauti, impersonali, corporativi e pecoroni, i blogger sono l’esatto opposto: sono avventati, confessionali, funky – e pecoroni.”

Eccoci al punto: abbandonando le problematiche tutto sommato corporative su quale influsso avranno in futuro i blog sul mondo dell’informazione, forse nell’elenco di aggettivi che Rosemberg dedica ai blogger posso scoprire la ragione per cui, sempre più spesso negli ultimi mesi, la mia navigazione sul web si è fermata dentro siti anche italiani come Verbamanet o Bloggando , quando non ha puntato diritta verso i diari online di alcuni del tanti blogger italiani.

Avventati, confessionali, funky e pecoroni i weblog italiani hanno oggi due caratteristiche principali che li rendono interessanti: sono un fenomeno ancora elitario (e come tale sono molto chiusi, strettamente legati l’un l’altro e autoreferenziali) e contemporaneamente sono una ventata di aria fresca e intelligenza per il web italiano.

E’ passato un anno da quando chiesi a VX, una delle prime blogger italiane, di spiegare cosa fossero i weblog ai lettori di PI. Da allora anche per un osservatore poco attento come me, tutto sembra molto cambiato: sono nati per esempio ottimi blog informativi come Skipintro , Wup.it e Pioggia Acida o il weblog politico Wash it on post . E sono solo alcuni esempi, l’elenco potrebbe essere lunghissimo.

Accennavo prima ad una caratteristica autoreferenziale del blogging italiano dove ogni weblog rimanda agli altri, elencati in maniera quasi maniacale a bordo pagina, come se il web iniziasse e terminasse con la lunga lista degli utenti di blogger.com e delle sue varianti. Non si tratta di una caratterizzazione solo negativa: i bloggatori italiani sono oggi di fatto una comunità, una delle poche vere comunità che è possibile isolare nella Internet italiana: un gruppo omogeneo se non altro per cognizioni tecnico-informatiche e desiderio di esplorazione antropologica della tecnologia ma forse anche per semplice curiosità e voglia di comunicazione elettronica.

La comunità del blogger italiani sembra essere oggi in quel periodo di mezzo che è l’intervallo aureo delle cosiddette comunità elettroniche, spesso combattute – come scriveva Jon Katz su Slashdot – fra l’essere troppo piccole, votandosi così alla consunzione, o troppo ampie e come tali investite di altri altrettanto seri problemi di identità e comunicazione.

E così l’aria che si respira dentro i blog italiani ha spesso a che fare con il “come eravamo” della rete Internet di qualche anno fa. Per dirla ancora con Katz, una fitta rete small, smart and simple dentro la quale tutti conoscono tutti e la circolazione delle idee è accelerata e soddisfacente a più livelli.

Certo il nostro voyeurismo non è estraneo all’essere smart dei weblog oggi ma è anche probabile che il fascino dei diari elettronici dipenda in buona parte dal talento e dal desiderio di interazione dei loro utilizzatori molto più che dalla tecnologia in sè. Come sempre del resto: la tecnologia non basta a se stessa e mai come in questo caso essa è semplicemente un modo per fare le cose .

Così è difficile non desiderare di essere un blogger, provando a stare distaccati da un web di siti commerciali e homepage personali ogni giorno più noioso chiassoso ed impresentabile. Rimanendo in una specie di non luogo che è contemporaneamente un balcone, il lettino dello psicanalista e il pub di anglosassone memoria.

Se avere una homepage ha sempre significato gettare informazioni e pensieri dentro una bottiglia in mezzo all’oceano, trasformarla in un weblog oggi assomiglia molto a dichiarare la propria appartenenza a un club. Sarà per questo che scorrendo l’elenco dei blog presenti sulla directory bloggando.com, il primo motore di ricerca italiana per questo genere di siti web, ho ritrovato molti nomi dei soliti noti della internet italiana dei primordi. Furbacchioni e vecchie volpi che hanno compreso, come tante altre persone anche in Italia, che quella strana rete di parole, immagini e link è ormai una nuova frontiera della comunicazione in rete.

Così per non essere da meno, ora che questo articolo è finito, vado su Bloggando a segnalare il mio neonato (o quasi) weblog .;-)

Massimo Mantellini

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Pubblicato il
17 giu 2002
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