Era chiaro fin dall’inizio: nessun mercato editoriale ciclopico e traballante verrà salvato dal passaggio al digitale. Né l’iPad né i nuovi paywall dell’informazione sul web potranno bloccare l’emorragia di denari che da anni ormai colpisce l’editoria in tutto il mondo. L’idea stessa di vicariare la crisi attingendo al desiderio di innovazione della propria clientela era poi una idea al contempo ottimista e disperata, alla quale in troppi, nel corso dell’ultimo anno, si sono disperatamente affidati.
Nei giorni scorsi sono stati resi noti i dati riguardanti il passaggio a pagamento del Times di Londra, quotidiano prestigioso del gruppo News Corp che, per qualche ragione, ha fatto da apripista alla teoria di Rupert Murdoch secondo la quale è tempo di smetterla di regalare i propri contenuti ai lettori. In quattro mesi i sottoscrittori al sito web del Times sono stati, complessivamente 105mila. Occorre specificare che non si tratta di abbonati fedeli: dentro quel numero sono compresi anche i tanti che, verosimilmente, hanno acquistato una volta l’accesso al sito o hanno approfittato dell’offerta di prova che prevede l’accesso alla versione web ed a quella su iPad per un mese alla cifra forfettaria di 1 sterlina. Contemporaneamente il sito web del quotidiano londinese ha perso circa il 90 per cento del proprio traffico passando da 21 milioni di pagine viste a 2,7 milioni e pagando quindi un prezzo salato in termini di introiti pubblicitari mancanti.
Mentre la fama di Rupert Murdoch in qualità di guru delle nuove tendenze digitali si va affievolendo, è ogni giorno più chiaro che prevedere le nostre abitudini informativi, anche solo del prossimo decennio, è arduo per chiunque.
Le modalità informative mediate da nuovi strumenti sono un processo che, per diventare numericamente consistente, necessità di un lasso di tempo significativo. Questo da un lato non esclude per nulla che domani pagheremo ogni singola microscopica notizia che leggeremo sul web, dall’altro rende molto improbabile l’ipotesi che questo possa avvenire improvvisamente dopodomani. In altre parole nel breve periodo nessun grande editore in crisi verrà salvato dal digitale.
I prezzi dell’informazione in formato elettronico sono un ottimo argomento per separare la scarsa visione di alcuni dalla lungimiranza di altri. Sarà necessario trovare un punto di incontro fra necessità di conto economico e prospettive per un nuovo patto con i propri lettori. Molti editori pensano oggi che il proprio prodotto non possa e non debba subire una forte riduzione di prezzo nel momento in cui viene offerto in formato elettronico. Questo accade già con discreta regolarità nel nascente mercato degli ebook, dove i costi dei libri elettronici non sono troppo dissimili da quelli delle versioni cartacee; e avviene, pur se in misura minore, anche nell’offerta per le news dove, per esempio, gli editori italiani offrono abbonamenti mensili alle versioni digitali dei propri quotidiani attorno ai 15-20 euro. Per fare un esempio, l’abbonamento mensile alla versione per iPad del Corriere della Sera costa 19,99 euro, che è circa la stessa cifra dell’abbonamento su base annuale alla versione cartacea.
I dati di vendita della costosa versione di Wired USA per iPad sono da questo punto di vista significativi. Dopo un grande entusiasmo iniziale il numero di lettori disposti a pagare per leggere il mensile californiano è passato da oltre 100mila a circa 20mila. Del resto sempre a Conde Nast sono convinti che i propri contenuti possano essere offerti a prezzi simili a quelli cartacei: lo ha detto chiaramente qualche mese fa il capo di Conde Nast UK in una intervista.
La riduzione dei prezzi è invece un discrimine importante nel passaggio alla economia informativa digitale e oggi Conde Nast ci propone senza imbarazzo di spendere meno di un dollaro al mese per abbonarsi alla versione cartacea di Wired USA (10 dollari/anno) o, in alternativa, circa 4 dollari per ciascun numero della versione per iPad dello stesso mensile.
Qualsiasi cosa accadrà, accadrà lentamente. Da qualche giorno il Guardian , uno dei quotidiani che meglio ha interpretato in questi anni la sua ambivalenza fra carta e web, ha annunciato che renderà a pagamento la propria versione mobile per iPhone. Sempre a proposito di prezzi e ragionevolezza, sapete quanto costerà abbonarsi a The Guardian in mobilità? Quattro sterline. All’anno.
C’è un ambiente digitale da costruire. Vale per i libri elettronici, vale per l’informazione che da sola, ineluttabilmente e senza che nessun Rupert Murdoch l’abbia autorizzata, si sposta dalla carta verso il web. La risposta di moltissimi editori continua ad esser oggi all’insegna di una impossibile conservazione. Quando invece, dentro i tempi lunghi di una transizione per nulla semplice, la scelta più saggia può essere solo quella di immaginare per ora percorsi di integrazione. Perché per esempio Amazon non mi offre gratuitamente la versione elettronica del libro cartaceo che ho acquistato nel suo store? Perché gli editori non spingono maggiormente sull’avvicinamento fra due mondi che viaggiano ormai a velocità e in direzioni differenti?
Si tratta di scelte spesso piccole ma molto significative e forse indispensabili in un periodo di transizione. Come per esempio quella di Wired Italia che ha informato nei giorni scorsi i propri abbonati alla versione cartacea che potranno leggere online in anteprima la copia che Poste Italiane si appresta a consegnargli nella buca delle lettere. È una piccola attenzione di grande intelligenza che non genera denaro ma sintonia. Merce rara e indispensabile di questi tempi.
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