Roma – Il discorso sullo sviluppo tecnologico del paese è tornato improvvisamente attuale in questi giorni poiché molti governi europei stanno presentando le loro iniziative per la modernizzazione informatica. Lo sta facendo la Germania, lo ha fatto nelle settimane scorse la Gran Bretagna che ha anche un aggiornato sito web nel quale viene dato conto del “procedere” delle iniziative.
Le linee di condotta sono comunque simili in tutti i paesi europei. Si mira a informatizzare la scuola, a rendere disponibili corsi per avvicinare i cittadini a Internet predisponendo nel territorio punti di accesso gratuito alla rete (biblioteche, centri statali e veri e propri internet point privati sovvenzionati dallo stato); si cerca, dove serve, di ridurre i costi di accesso a Internet per i privati mediante un controllo delle tariffe telefoniche; si pensano incentivi fiscali per le aziende della New Economy. In qualche paese, come il nostro, si organizza una contribuzione governativa all’acquisto di PC per gli studenti. Eppure il vero problema in Italia non sembra tanto quello del “cosa” quanto quello del “quando”.
Il governo di Massimo D’Alema è forse stato il peggiore degli ultimi anni in tal senso, non tanto per la totale assenza di iniziative di un qualche spessore messe effettivamente in atto, quanto per una continua e ossessiva verbosità su quanto, di lì a pochissimo, si sarebbe organizzato. Un atteggiamento che personalmente trovo anche più fastidioso della silenziosa ignoranza dei governi precedenti.
In altre parole il “quando” delle nuove tecnologie nel nostro paese è per ora coinciso col “mai”.
Certo i nostri ministri sono molto abili: sono i prìncipi del “come” e gli smemorati del “quando”. Posseggono un Bignami aggiornatissimo su qualsiasi argomento, ne hanno uno anche per le nuove tecnologie e Internet. Conoscono a memoria i discorsi che tutti i loro colleghi continentali pronuciano quotidianamente sulla necessità di ridurre al massimo le distanze fra chi già utilizza i nuovi strumenti tecnologici e chi no, sanno che ovunque si stanno investendo fondi statali per l’alfabetizzazione telematica, che dappertutto si collegano le biblioteche alla rete, si riempiono le scuole di PC, si incentivano le imprese a ragionare in termini nuovi. E ci rassicurano che presto anche da noi si seguirà la stessa strada.
Attendiamo la prossima legge finanziaria prima di dire che questo governo è inconcludente come i precedenti. Le premesse non sono comunque incoraggianti, basti pensare alla boutade di Franco Bassanini che ha minacciato di “mandare a casa” gli impiegati dello Stato che nei termini previsti (2002) non si accultureranno alle nuove tecnologie e alle meraviglie dello sportello unico della Pubblica Amministrazione.
2002, figuriamoci! Le spara grosse il Ministro (grossissime addirittura quando pensa di defenestrare i tecnofobi dai municipi fra poco più di un anno). Eppure sarebbe sufficiente mostrare a Bassanini le stime della informatizzazione della PA date da Schroeder i giorni scorsi per la Germania (un paese molto più avanti di noi nello sviluppo tecnologico) per ridurlo a più miti consigli. La PA informatica è prevista nel paese di Albione non prima del 2005. Ma noi siamo Italiani, pieni di iniziativa ed entusiasmo, carichi di inventiva e genio mediterraneo e ce la faremo comunque nei tempi previsti, parola di Ministro, a costo di licenziare col pugno di ferro 3/4 del personale dello Stato.
Tony Blair è stato molto criticato in Inghilterra negli ultimi mesi per aver parlato molto e agito poco in materia di nuove tecnologie eppure è impressionante notare come nel progetto UKonline siano previsti, alla fine del 2002, 6000 internet point sparsi per il paese (biblioteche, centri comunali, convenzioni con privati). Nell’analogo programma di Giuliano Amato per la new economy , i centri multimediali saranno appena 40 entro il 2001. Ancora una volta il problema non è nel grande divario numerico (in GB di tali punti di accesso ne sono già attivi oggi circa 600) quanto nell’incertezza della effettiva messa in opera di quanto si va propagandando. In Inghilterra è già oggi consultabile una pagina web che elenca tutti i punti di accesso alla rete del territorio nazionale dove è possibile per chiunque imparare gratuitamente a navigare sul web o ad utilizzare la posta elettronica. Gentile Presidente Amato, come sarà possibile sapere quando e dove i nostri 40 centri saranno in funzione?
E ‘ solo un esempio minimo.
Quanto all’opposizione non ci sono troppe ragioni per stare allegri. Il Polo giusto il 13 settembre scorso ha ritirato in Senato il suo placet alla procedura deliberante per la proposta di legge a favore del commercio elettronico e del programma “PC per gli studenti” . In parole povere, Forza Italia e soci ostacolano nei fatti ciò che a parole auspicano. La battaglia politica si estende ovunque, nel disinteresse completo del cittadino, coinvolgendo perfino semplici e minime facilitazioni economiche per gli studenti i quali, in assenza del promesso accordo in commissione, non potranno acquistare un PC in tempo per l’inizio dell’anno scolastico attraverso un prestito statale. Il giorno che, per un miracolo, si trovasse la maniera di innalzare di 10 milioni al mese i redditi di tutti gli italiani, sono certo che nel nostro Parlamento qualcuno troverebbe la maniera di votare contro.
Le premesse non sono davvero entusiasmanti. In attesa dei fondi stornati dalle licenze UMTS (opposizione permettendo), che però ogni giorno registrano qualche nuovo degno pretendente, il rischio concreto è che ad alcune iniziative di ampio respiro come quella della informatizzazione delle scuole (a tal proposito esiste un contributo del governo D’Alema presentato qualche tempo fa a Lisbona anch’esso pieno di promesse irrealizzabili, come la conversione entro il 2002 del 25% delle lezioni scolastiche in attività multimediali) non si dia l’importanza che meritano, specie nella fase di attuazione.
Esiste una consolidata abitudine politica nazionale a pensare grandi progetti senza preoccuparsi della loro messa in atto effettiva. Gentile presidente, lei ha affermato di “aggeggiare” con Internet da tre anni: se nessuno lo vuol fare al suo posto, scriva lei una pagina web con l’indirizzo dei 40 centri di accesso a Internet che il suo governo intende aprire entro il 2001; ci tenga aggiornati sulla loro effettiva messa in opera. Siamo, al limite, disponibili a darle una mano con l’html. Sarebbe un traguardo minimo, ma nello stesso tempo una significativa inversione di tendenza.
Lo faccia per le moltissime persone stanche di belle parole pronunciate al vento.
Ps: avremmo volentieri mandato queste righe al Presidente del Consiglio il quale afferma spesso di rispondere a tutta la posta elettronica che riceve dai cittadini. Purtroppo nel sito web di Palazzo Chigi si sono “dimenticati” di rendere pubblico l’indirizzo email del capo del governo.