Roma – Finisce una legislatura. Ed è il caso di registrare e sottolineare ancora una volta il fallimento della politica nazionale nel campo delle nuove tecnologie. Si tratta, come sanno i lettori più affezionati, di una lamentazione ormai ciclica. L’unica ragione per cui continuiamo a ripeterla negli anni, risiede nel fatto che si fatica a trovare altri riscontri ad una evidenza tanto indiscutibile. Eppure siamo convinti di non avere le allucinazioni quando diciamo che il contributo dei governi che si sono succeduti (tutti, da quando il problema dello sviluppo della rete è diventato una priorità delle amministrazioni in tutto il mondo) in tale campo nel nostro paese è stato praticamente insignificante.
In altre parole, poco o nulla è stato fatto di serio in Italia nell’ultimo quinquennio per favorire l’adattamento dei cittadini ai nuovi strumenti di comunicazione, per convincerli ad utilizzarli e prima ancora a comprenderli. Si sono sprecati fiumi di parole per sottolineare come si fosse compresa la centralità del problema (nella mia personale blacklist del più propenso ad esporsi con promesse mai mantenute, il Sottosegretario alle Comunicazioni Vincenzo Vita ha in questi anni vinto la concorrenza di altri “parlatori inconsistenti” quali il Ministro Salvatore Cardinale e prima ancora il Ministro Maccanico) ma alle parole ha di norma fatto seguito il nulla.
Viene da sorridere a considerare oggi la portata dell’unica concreta iniziativa di alfabetizzazione telematica messa in atto dal governo Amato (lo stesso che il giorno del suo insediamento aveva posto la questione della formazione nelle nuove tecnologie fra le priorità del suo governo).
Lo Stato, come molti sapranno, offre quest’anno agli studenti (solo a quelli del primo anno delle scuole superiori) un prestito d’onore per l’acquisto di un PC pronto per Internet. Si tratta di un provvedimento fantoccio che consente in realtà (in cambio della presentazione di una serie di certificazioni) uno sconto di poche centinaia di migliaia di lire sul prezzo di mercato del PC (a suo tempo D’Alema aveva “promesso” che il prezzo sarebbe stato di circa il 50% inferiore al valore di mercato) unito a un pagamento rateale a interessi zero.
L’altra grande iniziativa “in fieri” messa in strada dal governo, quella di Franco Bassanini sull’e-government, naviga con moltissime incertezze dentro tempi di attuazione improbabili, pur nella grandiosità (oltre 1000 miliardi) degli stanziamenti effettuati.
Nel frattempo il Forum per la Società dell’informazione che dovrebbe indicare la strada delle scelte tecnologiche del paese, affonda in un mare di chiacchiere , la legge sul diritto d’autore approvata pochi mesi fa con l’assenso del centro destra rappresenta una vera e propria resa agli interessi dell’industria del software e dei contenuti multimediali, mentre il provvedimento altrettanto discutibile sul cybersquatting presentato dall’ex “Ministro per Internet” Passigli, probabilmente (e fortunatamente) non vedrà la luce per la sopraggiunta fine della legislatura. Sempre che a qualcuno non venga in mente, come ventilato in questi giorni dallo stesso Passigli, di tramutarlo in un decreto legge urgente.
Che si tratti anche in questo caso di una legge “brutta” presentata da un incompetente lo testimonia il fronte compatto di opposizione che unisce tutti i vari soggetti della Internet italiana che da mesi protestano, inascoltati, l’assurdità del provvedimento.
Eppure il giudizio politico dell’azione del governo nelle nuove tecnologie, ribadito al convegno “Più Megabit per tutti” organizzato dalla “Associazione Network”, braccio telematico dei DS italiani, rimane nelle menti di alcuni più che positivo:
“…..le politiche del centrosinistra, pur con alcuni limiti e ritardi, hanno stimolato la crescita del settore ICT, ma soprattutto la consapevolezza, tra i cittadini e gli imprenditori, dell’importanza fondamentale che le nuove tecnologie hanno per uno sviluppo nuovo dell’Italia,…….”
tanto che si ipotizza il prossimo decisivo passo che sarebbe: “Diritto alla comunicazione e più servizi ai cittadini e alle imprese con la larga banda”.
Come si vede la tendenza all’esagerazione progettuale consente di inoltrarsi in percorsi di assoluta fantasia, quasi che la larga banda, ma perfino quella “stretta” della connettività dialup a 56k, possano venir sottratte dalle saldi mani della industria delle comunicazioni e “consegnate al popolo”. Ci chiediamo oltretutto in nome di chi e per quale ragione, visto che fino ad oggi si è percorsa la strada opposta.
Ma le parole, lo abbiamo ripetuto spesso, non costano nulla e fanno fare bella figura: oltretutto quasi mai si trova qualcuno che abbia voglia e tempo per chiedere conto di quanto è stato impunemente e con leggerezza promesso.
Del resto, anche sull’altro versante politico il panorama appare decisamente poco promettente. A titolo di prova, il motore di ricerca del sito web di Forza Italia restituisce tre miseri link alla ricerca con la chiave “Internet”. Lasciando perdere un articolo in olandese in cui si parla (credo) del calciatore Van Basten, raggiungiamo solo alcune affermazioni del tutto generiche di Silvio Berlusconi sulle intenzioni del centro destra nel campo delle nuove tecnologie, la più importante delle quali rimanda alla ormai nota e assai generica politica delle “3 I”. Impresa, Inglese e Internet.
Che l’innovazione tecnologica abbia spezzato il paese e spiazzato il mondo della politica, abituato ad occuparsi d’altro, è una constatazione che in pochi potranno contestare. Noi ci attendiamo che finisca una volta per tutte l’era delle “parole in libertà” e si cominci a occuparsi davvero dei problemi connessi allo sviluppo tecnologico. Ciò indipendentemente da chi saranno i vincitori delle prossime elezioni. Ci accontenteremmo di poco perché esiste una diffusa necessità che si passi dalle parole ai fatti. Pur – come dicono i DS con il loro linguaggio arrotondato da anni di mediazioni linguistiche anche più complesse di questa – “con alcuni limiti e ritardi” .