Roma – Il senatore Alberto Monticone, classe 1931 del PPI e sette suoi colleghi di partito insieme a Andrea Manzella dei DS, ha presentato un disegno di legge del quale forse è il caso di parlare. Si tratta del DDL n 4560 che viene esaminato in questi giorni dalla Commissione Infanzia del Senato, a pochi giorni dai recenti episodi di cronaca che hanno riportato in primo piano la questione del presunto legame fra Internet e pedofilia.
Evito di girarci troppo attorno: si tratta di un disegno di legge discutibile, miope e dai contenuti censori importanti, che rischia di essere recepito come necessario, sull’onda del clima intimidatorio che in Italia avvelena le problematiche della tutela dei minori nell’era digitale.
L’idea stessa alla base del disegno di legge è profondamente errata: si vorrebbe trasformare l’Authority per le Telecomunicazioni nell’organismo di riferimento per il controllo dei contenuti potenzialmente lesivi per i minori su Internet e nelle trasmissioni radiotelevisive.
Ai senatori del PPI evidentemente non è giunta l’eco della ormai nota inefficacia dell’Autorità presiediuta da Enzo Cheli, incapace di dare risposte chiare in tempi accettabili nemmeno su materie di sua stretta competenza. Figurarsi se tale organismo potrà trasformarsi in controllore di “tutti” i contenuti vietati ai minori su Internet e in TV.
Il secondo grave errore di impostazione risiede nel fatto che, per i proponenti il documento, Internet e TV sono la stessa cosa. Norme che valgono per la TV possano venire quindi estese anche ai contenuti Internet in una semplificazione che può essere pensata solo da chi non ha la minima idea di come Internet sia.
Passiamo oltre. Contenuti censori dicevamo. L’articolo 6 del DDL dice:
1. E ‘ vietata la diffusione per via telematica di messaggi di qualsiasi specie, di programmi e di opere filmiche o per la televisione, anche per mezzo di Internet, che possano ledere in qualsiasi forma i diritti della persona o nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, ovvero siano violenti o pornografici, oppure possano incitare in qualsiasi forma a compiere reati o incitare all?odio o indurre ad atteggiamenti di intolleranza, basati su discriminazioni di razza, sesso, religione o nazionalità.
2. I gestori dei servizi e delle reti operanti sul territorio nazionale provvedono a classificare ogni informazione e messaggio, che viene reso disponibile sui loro elaboratori, fatta eccezione per quelli tutelati dal segreto epistolare, e ove riscontrino che esso ha contenuti vietati o contrari alla legge o previsti dalla legge come reati, provvedono a impedirne la diffusione e l’accesso.
Il controllo e la responsabilità dei contenuti di Internet, come si vede, vengono ancora una volta scaricati sui provider o, se ciò non bastasse, sulle compagnie di telecomunicazioni. Un’idea demenziale e inapplicabile che ancora una volta tenta di spostare il luogo della scelta dalla famiglia (per i minori) o dalla individuale sensibilità (per gli adulti) ad un soggetto “terzo” che decida in loro vece cosa sia lecito o meno. Con un controllo che si vorrebbe capillare ed esteso fino al singolo microscopico messaggio di testo.
Quasi una barzelletta.
Chi vigila sulla “potabilità” di quanto potremo consultare in rete o seguire in TV? Ovviamente la solita commissione di pedagogisti, psicoterapeuti, genitori, educatori che, insieme ai componenti dell’Authority, stabilisca quali film possano venir trasmessi su Internet (evidentemente una legge pensata per il broadband) o in TV e in quale fascia oraria e che vieta le pubblicità di telefoni o servizi Internet porno o di qualsiasi altro contenuto “potenzialmente lesivo”.
Il senatore Monticone (che molto si è dato da fare gli anni scorsi in Parlamento per le norme e lo stato giuridico degli insegnati cattolici) fa riferimento alla Carta dei diritti dei minori, all’adeguamento alle normative europee ed altre amenità piene di indicazioni e osservazioni condivisibili.
Il disegno di legge che lo indica come primo firmatario vorrebbe la parificazione di servizi diversissimi e con pochissimi punti di contatto fra loro. Chiunque può comprendere la differenza fra la resposabilità che è a carico di una televisione pubblica o commerciale (che decide unilateralmente il proprio palinsesto) o di un inserzionista pubblicitario (che sceglie di pubblicizzare un prodotto nella maniera che ritiene più opportuna) e i contenuti Internet che non ricadono nello schema di comunicazione uno-a-molti tipica degli old media.
Eppure oggi anche le banalità necessitano di una sottolineatura. Proposte di legge del genere, che nascono in un clima pesante del quale sono in parte responsabili i media stessi, con la loro sconsiderata voglia di piacere al pubblico senza occuparsi dell’essenza dei problemi, sono figlie anche di qualcos’altro, sia esso una abissale ignoranza degli strumenti telematici di comunicazione interpersonale oggi disponibili o, più probabilmente, di una voglia di controllo e pulizia che si vorrebbe estesa a tutti. Secondo le proprie personalissime opinioni elevate a regola per la comunità.