Web (internet) – Sono quasi certo del fatto che l’accelerazione che lo sviluppo tecnologico impone a tutti noi non sia un buon affare. Il multitasking cerebrale che i nostri tempi scodellano ogni giorno a ognuno di noi (qualche esempio? Telefonare mentre si guida, alimentarsi mentre si guarda la TV, seguire i propri affari mentre si è in vacanza o si sta facendo altro) ha buone probabilità di renderci sempre più stupidi sostituendo la velocità all’approfondimento, la frequenza alla qualità dei contatti.
Ora se il multitasking di Windows è una invenzione recente e nemmeno tanto praticabile (è nato solo da quando i sistemi operativi di Bill Gates sono diventati a 32 bit e comunque provate voi a dire al vostro PC casalingo di eseguire più operazioni diverse contemporaneamente e vedrete cosa vi risponderà) su Internet l’esecuzione di più “attività” nello stesso tempo diventa quasi da subito una necessità. Scaricare un file mentre si legge la posta mentre si cerca un sito dentro un motore di ricerca mentre si dà una occhiata agli ultimi cambiamenti sulla propria homepage: chi non si comporta così fra coloro che hanno acquisito un po ‘ di dimestichezza con la rete?
E anche per chi abbia minori velleità di fare tutto-e-subito esistono le finestre di pop-up ad agitarci la navigazione sul web costringendo a continue e rapide chiusure, esistono pagine web con animazioni da centinaia di kb che consigliano rapidi cambi di rotta o continui messaggi su ICQ per proporci imperdibili siti porno.
Quello del multitasking è un destino al quale sembra difficile poter sfuggire.
Il regno incontrastato dell’accelerazione mentale in rete resta comunque quello delle chat che, non a caso, sono territorio in gran parte riservato ai più giovani, i quali hanno ormai da tempo piegato il linguaggio scritto alle necessità della comunicazione veloce: la tastiera diventa una estensione del pensiero e la necessità di tenere in piedi più conversazioni contemporaneamente (anche 5 o 6) oltre che a spezzettare le espressioni, lascia ampio spazio agli acronimi e all’utilizzo di simboli ascii.
Il fenomeno è ubiquitario e riguarda anche, seppur im misura minore, lingue diverse dall’inglese: ovunque si diffonda l’utilizzo delle chat si assiste a una progressiva contrazione delle parole utilizzate per singolo contatto e ad una ampia inevitabile colonizzazione da parte di espressioni ed acronimi mutuati dal net-english. Un elenco accurato ed aggiornato è consultabile all’indirizzo www.chatdictionary.com.
Di tutti gli acronimi possibili (sono quasi 1500) fra i quali ve ne sono di bellissimi, ne scelgo due in particolare: A/S/L? e POOF. Il primo da utilizzare per condensare le proprie curiosità sull’interlocutore (A=age, S= sex L= location), il secondo per comunicare la propria uscita da una chat room. POOF, quasi una bolla di sapone che si rompe.
Si tratta di codici nuovi nei quali la punteggiatura è scomparsa e le maiuscole vengono utilizzate solo per manifestare salti di umore. Spesso si ha l’impressione che quello che i quindicenni online utilizzano per comunicare fra loro sia una sorta di linguaggio criptato: viene in mente una canzone di Bob Dylan di più di trentanni fa nella quale invitava i genitori a non criticare ciò che non erano in grado di capire. La storia evidentemente si ripete. Oggi forse il menestrello della contestazione americana canterebbe, riferendosi ai suoi genitori: “u r an annoying POS with a total SOHF”. Dove POS sta per “Parent Over Shoulders” e SOFH per “Sense of Humor Failure”.
Sempre meglio comunque dei neologismi della Treccani che ha inserito nella ultima edizione del suo vocabolario espressioni dello slang italiano come “Porco due” o “Porco Zio” che nella loro volgarità se non altro consentono una chanche di redenzione ai bestemmiatori abituali nostrani. Ad ognuno, verrebbe da dire, la modernità che si merita.
POOF.