Web – Fra le domande meno di moda in tempi di new economy forse andrebbero citate quelle che attengono all'”interesse dell’utente”. Qual è l’interesse dell’utente, quello finale, casalingo, singolo e generalmente indifeso, nel momento in cui grandi società si fondono (come accade in questi giorni fra SEAT-Tin.it e TMC) o quando grandi gruppi economici espandono i loro interessi a campi per loro del tutto nuovi (come accade quando L’Editoriale Espresso diventa – è notizia sempre di questi giorni – operatore telefonico)?
Quale sarebbe l’interesse spicciolo di ciascuno di noi in faccende tanto importanti? Ne esiste uno? E chi, se questo interesse esiste, dovrebbe tutelarlo? Più le questioni assumono grandi dimensioni, muovono interessi miliardari, rivoluzionano strutture societarie, meno l’interesse dell’utente finale sembra trovare anche minima rappresentazione.
Fra ricorsi al TAR, opposizioni politiche (se il governo è favorevole il Polo è ovviamente contrario e viceversa) e Autorità varie pronte a rivendicare i propri diritti regolatori, Seat-Tin.it, una società non ancora completamente formata, acquisisce TMC da Cecchi Gori. Matrimonio di interesse, si dice, fra accesso alla rete e TV. Qual è l’interesse dell’utente (sia di quello televisivo che di quello Internet) in tale controversa operazione finanziaria?
Stesso passaggio estivo, stessa domanda suscita lo sbarco di Kataweb nel mondo della telefonia. Leggiamo che, con la licenza di operatore telefonico per la sua consociata, il Gruppo editoriale L’Espresso completa la sua offerta di servizi Internet unendo ai contenuti la fornitura di accessi alla rete e al traffico vocale. Perfetto. Ma qual è il mio (o il vostro) personale interesse in una simile operazione?
Trovo che la domanda sia infinitamente più interessante di qualsiasi risposta.
E ‘ una domanda non posta. Sconosciuta anche ai nostri politici che al momento di prendere una posizione su simili chiacchierati matrimoni (dopo aver attentamente valutato la posizione dell’opposizione e concordato una ferma opposizione alla stessa), sulla loro liceità, sulla eventuale violazione di norme antitrust, sulla trasparenza di tali operazioni nei confronti degli azionisti, non si chiedono mai quale sia l’interesse di coloro che rappresentano.
Un ultimo esempio.
Si è discusso tanto di UMTS. Si continua a farlo anche in questi giorni d’agosto. Qualcuno fra gli utenti di Internet (il cui utilizzo, dicono, sarà rivoluzionato dalla nuova rete mobile ad alta velocità) se l’è posta la fatidica domanda su quale sia il suo interesse nella spinosa questione delle licenze per l’UMTS?
Sì, qualcuno lo ha fatto. Fortunatamente.
“Quali sono i nostri interessi di utenti nelle modalità di assegnazione delle licenze per UMTS in Italia?” si sono chiesti Giuseppe Caravita, Carlo
Alberto Carnevale-Maffè e altri utenti della rete civica milanese in una
lettera aperta al Governo qualche settimana fa. Se lo sono chiesti (e noi con loro e gliene siamo grati) e si sono risposti che quanto il governo sta organizzando sull’UMTS non corrisponde agli interessi dei singoli utenti della futura rete UMTS.
A leggere il progetto del governo, infatti, appare chiaro che i possessori delle licenze e delle infrastrutture di rete saranno anche i fornitori dei contenuti. Resisteranno costoro alla tentazione di rinchiudere i propri utenti all’interno della loro rete mobile? Venderanno parte dell’accesso a compagnie che forniscano servizi che facciano concorrenza ai loro? Oppure eserciteranno la prevista possibilità di rivendita in modo unilaterale e interessato?
Eccolo, l’interesse degli utenti! Che almeno in questo caso appare chiaro: chi possiede le licenze dovrebbe poter gestire la rete dando libero accesso (a pagamento si intende) a tutti i fornitori di contenuti che ne facciano richiesta. Esattamente come accade per l’accesso a Internet da rete fissa. Questa differenziazione fra soggetti è detta, in termini tecnici, “unbundling” fra reti e servizi.
Questo sostengono nella loro lettera al Governo i rappresentanti della Rete Civica Milanese. Questo, dicono, è l’interesse del futuro utente dell’UMTS perché la nascente rete mobile consenta le meraviglie che promette. Questo è, aggiungiamo noi, l’interesse diffuso di tutti.
Non possiamo pretendere che gli operatori telefonici, alle prese con formidabili collette per migliaia di miliardi da versare nelle casse dello Stato per il loro futuro gigantesco business del G3, la pensino allo stesso modo. Lo potremmo e forse addirittura lo dovremmo pretendere invece dai nostri politici. Che quando parlano di UMTS discutono sempre su quanto gli introiti delle licenze potranno ridurre il debito pubblico, di quanti miliardi potranno finalmente essere destinati alla formazione nel campo delle nuove tecnologie ec. ecc. Mai una volta che li si ascolti porsi il problema del “libero accesso” alla nuova rete mobile. Che, a quanto pare, non ci sarà. Fino ad oggi solo il gruppo dei Verdi si è schierato per una ampia accessibilità alla risorsa UMTS , sostenendola in una recente interrogazione parlamentare.
In cambio di così tanti bei denari, i futuri licenziatari UMTS potranno fare qualsiasi cosa vorranno con il giocattolo dato loro in concessione.
Ecco perché certe domande, tanto fuorimoda, sono importanti. Spalancano scenari spesso differenti da quelli conosciuti. Descrivono con chiarezza la distanza fra noi e i nostri rappresentanti nei palazzi della politica, i quali, almeno qualche volta, la fatidica domanda se la potrebbero (dovrebbero) porre: “Qual è l’interesse diffuso degli utenti nella faccenda SEAT-TIN -TMC?”. “E ‘ un bene che un grande gruppo editoriale (che possiede decine di quotidiani settimanali, radio, servizi internet) diventi anche operatore telefonico?”
Belle domande. Meriterebbero risposte serie.