L’ Association Française des opératerus mobile ( AFOM ha annunciato la volontà di ricorrere in appello al Consiglio di Stato contro la disciplina vigente in Francia sull’equo compenso.
Dal primo gennaio 2009 il compenso per copia privata comprende anche gli smartphone , e gli operatori del settore solo nell’anno passato hanno già versato circa 20 milioni di euro agli aventi diritto. L’opposizione guidata dall’associazione che comprende le principali telco transalpine, infatti, non sarebbe contraria alla remunerazione prevista a favore dei detentori di diritto d’autore per principio, ma solo alla sua attuale declinazione, ritenuta troppo ampia e fuor di logica.
Inizialmente pensata per compensare, appunto, gli aventi diritto per le eventuali copie private (quindi quelle riproduzioni effettuate legittimamente dagli utenti), la tassa sarebbe diventata ben presto un modo per rimborsarli della pirateria eventualmente commessa a loro danno. In realtà però non può essere stabilito (e raccolto) un indennizzo per un illecito ipotetico . Ma proprio perseguendo quest’obiettivo, l’attuazione concreta della disposizione sarebbe andata oltre lo scopo originario.
Così ora, secondo l’Associazione, troppi dei dispositivi ricompresi nella tassa non avrebbero alcuna caratteristica o funzione capace di giustificare tale scelta.
Il problema sorgerebbe già con i dispositivi che hanno come unica funzione la lettura di file musicali : secondo l’AFOM, solamente quelli che possono essere utilizzati per la registrazione, e che quindi possono effettivamente essere utilizzati per effettuare una copia privata, devono essere oggetto della riscossione di tale forma di compenso.
Inoltre l’AFOM sottolinea la spiacevole situazione in cui si trovano alcuni utenti, costretti a pagare due volte per la stessa cosa: tramite l’equo compenso e nel momento in cui ricorrono ad un servizio di download legale di file musicali eventualmente predisposto dagli operatori sui dispositivi acquistati.
Le tariffe, nota infine l’associazione di categoria, sarebbero state stabilite “troppo arbitrariamente”, e le statistiche di utilizzo raccolte dalla commissione che si è occupata della loro redazione, inaffidabili: basta notare, spiega AFOM, “che alcuni degli intervistati sembrano anche confondere le reali capacità di memoria dei dispositivi”.
Si tratta, peraltro, della stessa commissione che nei prossimi giorni si dovrà riunire per stabilire l’entità della remunerazione per i tablet, nuovo prodotto che l’avvento di iPad ha portato all’attenzione del legislatore.
Claudio Tamburrino