Il Tribunal de Grande Instance di Parigi ha ordinato il blocco dell’intero sito Copwatch .
Il sito era stato accusato dal governo francese, attraverso il suo ministro degli Interni Claude Guèrant, per diffamazione, violazione della privacy e istigazione alla violenza nei confronti degli agenti di polizia. Anche in altre parti del mondo vi sono versioni diverse di questo genere di sito che ha come obiettivo il vigilare sui vigilanti e sia negli Stati Uniti che in Italia hanno creato attriti con autorità.
Secondo il tribunale francese solo in alcune delle pagine del sito si troverebbero gli estremi per accuse di diffamazione e reati e conseguentemente costituirebbero un pericolo per gli agenti delle forze dell’ordine.
Il giudice, tuttavia, ha altresì ritenuto che il costo del filtro necessario al controllo selettivo fosse troppo elevato , giustificando così come misura proporzionata il blocco dell’intero sito allo scopo di togliere dalla rete i contenuti ritenuti pericolosi.
Così ha ordinato agli ISP Free, Orange, SFR, Bouygues Télécom, Numericable e Darty Télécom di rendere inaccessibile il sito CopWatch Nord-Paris IDF tramite blocco del suo indirizzo IP.
Gli amministratori del sito hanno dichiarato che continueranno a lavorare e che comunque il sito sarà accessibile attraverso mirror e proxy. Avendo ora goduto anche della pubblicità della causa legale.
“Il caso Copwatch dimostra che il blocco dei siti, anche se promosso in nome di scopi legittimi come la lotta alla pedofilia e al gioco d’azzardo, è in pratica uno strumento di censura politica di Internet”, ha detto Jérémie Zimmermann, portavoce dell’ organizzazione per i diritti online La Quadrature du Net , che pensa anche a tutti quei netizen non avvezzi al mondo dei proxy.
A preoccupare è in particolare il fatto che che, pur essendo stato richiesto il blocco solo di una dozzina di pagine, la difficoltà tecnica a procedere a questo oscuramento selettivo ha convinto il giudice a concedere il blocco dell’intero sito, investendo contenuti ritenuti perfettamente legali.
Claudio Tamburrino