Sono ancora numerosi i paesi che gli States guardano con sospetto per la loro attitudine troppo tollerante nei confronti delle violazioni del diritto d’autore. L’Italia, per la prima volta depennata dalla lista nera del noto report Special 301 stilato dall’ Office of United States Trade Representative su segnalazione dell’industria dei contenuti, si è ora guadagnata un plauso di incoraggiamento da parte del Congressional International Anti-Piracy Caucus , che a sua volta la esclude dalla International Piracy Watch List per il 2014: nonostante l’alto tasso di pirateria, a portare a galla lo Stivale è sopraggiunto il il Regolamento AGCOM. Regolamento che in queste ore si sta sottoponendo all’analisi di legittimità da parte del TAR.
Il report delle autorità statunitensi, redatto per sottolineare il fatto che “gli americani non devono pagare per i contenuti che gli altri rubano”, si concentra in particolare sulla violazione del copyright mediata dalla Rete: il panorama è evoluto, si spiega nel documento facendo riferimento alla citatissima indagine di Digital Citizens Alliance sui guadagni raccolti con l’advertising dai siti pirata, e sono evoluti gli strumenti del contrasto alla pirateria, attività che è sempre di più appannaggio di operatori di veri e propri business. Per questo motivo il Congressional International Anti-Piracy Caucus pone in primo luogo l’accento sui sistemi di autoregolamentazione adottati presso gli operatori dell’advertising , sempre più attenti, anche in Italia , a non collaborare con i siti che mettano a frutto con la pubblicità la loro attività di violazione seriale del copyright.
Ma non tutti i paesi del mondo si mostrano collaborativi nell’agire per supportare l’industria dei contenuti statunitense, nel contribuire preservare “i milioni di posti di lavoro che dipendono dalla sua leadership internazionale”. La lista dei sorvegliati speciali annovera quattro paesi: Cina, Russia, India e Svizzera.
La Cina , stabilmente nelle liste nere stilata dai tutori della proprietà intellettuale statunitensi, è citata per l'”enorme” mole delle violazioni, che secondo la International Trade Commission statunitense nel 2011 sarebbe costata agli USA 107 miliardi di dollari e fino a 2,1 milioni di posti di lavoro. Nonostante alcuni soggetti di particolare rilevo come Baidu e Taobao siano stati ridotti a più miti consigli, la risposta del mercato cinese sarebbe ancora insoddisfacente.
Discorso analogo vale per India , caratterizzata dall’abitudine al camcording, dall’uso di software senza licenza nelle aziende e dall’assenza di regolamentazioni e strumenti di contrasto alla pirateria, e per la Russia , la cui “mancanza di appropriate misure per la tutela della proprietà intellettuale continua ad agevolare una aggressiva pirateria su Internet, che ha un impatto sui mercati che si trovano ben oltre i suoi confini”. Ne sarebbe un esempio VKontakte, social network temuto dall’industria dei contenuti di mezzo mondo , Italia compresa .
La Svizzera , invece, è descritta come uno stato in cui “per i detentori dei diritti è virtualmente impossibile portare avanti azioni di contrasto contro coloro che violano il diritto d’autore su larga scala con il peer to peer”: brucia ancora il caso Logistep , in cui la privacy dei cittadini della Rete ha vinto sui metodi dell’industria dei contenuti, anche in uno scenario in cui l’indirizzo IP dell’utente pirata è ben poca cosa rispetto all’intrattenimento illecito che ha rinunciato alla decentramento e alla condivisione.
L’Italia, insieme alle Filippine, è stata annoverata fra le schiere dei virtuosi: insieme a un rinnovato interesse di tutti gli attori della catena del valore del copyright, allo zelo mostrato dal braccio penale della giustizia, impegnata con sequestri sempre più frequenti, il Regolamento AGCOM “per la prima volta fornisce una agile procedura di notice and takedown per i detentori dei diritti”, si legge nella relazione. Il Congressional International Anti-Piracy Caucus si ripromette di “lavorare fianco a fianco con il governo italiano e con tutti gli stakeholder responsabili per assicurare che la riforma adottata nel 2013 (sic) sia effettivamente e significativamente implementata”. E mentre l’Italia gongola , mentre le segnalazioni dei detentori dei diritti si affollano e le attività di AGCOM procedono a pieno ritmo , si attende in queste ore l’esito dell’udienza presso il TAR del Lazio, con cui una frotta di associazioni che raccolgono consumatori, intermediari e servizi media intende mettere alla prova la legittimità del ruolo di cui l’authority si è fatta carico con l’avvento del Regolamento.
Gaia Bottà