Un memorandum di oltre 20 pagine, recentemente depositato dai legali di Hotfile Corp. presso una corte distrettuale della Florida. I vertici del noto servizio di file hosting hanno così risposto al fuoco scatenato dalla Motion Picture Association of America (MPAA), che si era scagliata agli inizi di febbraio contro il cittadino russo Anton Titov.
La controffensiva legale del cyberlocker con base a Panama ha subito voluto mettere le cose in chiaro: i gestori di Hotfile si sarebbero sempre attenuti scrupolosamente ai principi dettati dal Digital Millennium Copyright Act (DMCA) . Di conseguenza, l’armadietto digitale panamense dovrebbe godere del riparo offerto dal cosiddetto safe harbor .
In altre parole , i vertici di Hotfile avrebbero semplicemente messo a disposizione degli utenti una serie di spazi vuoti. Secondo la difesa, il servizio di file hosting non avrebbe mai permesso la ricerca interna di contenuti in violazione del copyright . Offrendo semplicemente un armadietto neutro dove depositare file di ogni genere. Le accuse mosse da MPAA dovrebbero dunque cadere nel vuoto.
Le varie major avevano però sottolineato come Hotfile approfittasse di migliaia di film caricati sulla sua piattaforma, offrendo ai suoi utenti la possibilità di abbonarsi per un mese di download illimitati. Al giudice di Miami era stato chiesto di optare per i cosiddetti statutory damage , una sanzione di circa 150mila dollari a contenuto scaricato .
I legali di MPAA hanno subito risposto alla controffensiva lanciata da Titov, sottolineando come Hotfile non abbia alcun bisogno di un search engine interno. Ci penserebbero già motori come quello di Google ad indicizzare i vari contenuti presenti sulla piattaforma . Il gestore del cyberlocker ha però puntato i piedi: tutto sarebbe avvenuto in assoluta buona fede.
Mauro Vecchio