Copyright, la versione della società civile

Copyright, la versione della società civile

Un Libro Bianco che tenta di fare chiarezza, tecnica e non solo, sul panorama del diritto d'autore e del suo enforcement. Non una polemica, ma un invito a Governo e Agcom per sentire anche la campana della modernità
Un Libro Bianco che tenta di fare chiarezza, tecnica e non solo, sul panorama del diritto d'autore e del suo enforcement. Non una polemica, ma un invito a Governo e Agcom per sentire anche la campana della modernità

Una presentazione avvenuta alla Camera a ridosso della conferenza annuale del presidente Agcom Calabrò per il “Libro Bianco su diritti d’autore e diritti fondamentali nella rete Internet” ( disponibile anche su PI Libri per il download, con licenza Creative Commons ), e che punta a fare da contraltare alla relazione presentata dall’authority: sala piena e molte associazioni coinvolte in quello che è un tentativo, verrebbe da dire unico, di mostrare un punto di vista differente sulla questione del diritto d’autore e dei diritti civili in Rete. Argomenti, troppo spesso, affrontati con un piglio troppo legato ad abitudini mutuate da un mercato, un mondo, una società che non esistono più .

La battuta più interessante dell’intera mattinata la fa il commissario Agcom Nicola D’Angelo , intervenuto nell’occasione: “Mi pare di poter dire che non mi trovo in una assemblea sediziosa” ha scherzato con gli altri relatori al tavolo, “non è una riunione di gente che giustifica l’illegalità, sebbene certa stampa e certi poteri forti provino a far passare un messaggio sbagliato”. Il punto, che più volte è stato ribadito nei vari interventi, è proprio questo: la questione non è cancellare il principio che a un contenuto possa essere riconosciuto un valore, bensì quello di accogliere la modernità e la rivoluzione culturale della Rete per individuare nuove forme in cui questa logica possa esprimersi .

Polemico in questo senso Fulvio Sarzana , l’avvocato che ha coordinato la stesura del volume: “Non possiamo non esprimere una certa delusione per la relazione Agcom, che parla di danni gravissimi dovuti alla pirateria senza quantificare, senza chiarire da dove vengano prese queste informazioni”. I numeri, sostiene invece Sarzana, dicono che spesso chi scarica è un buon cliente dei detentori dei diritti. E la filosofia di apertura alla conoscenza, che rende Internet un luogo dove parlare e condividere liberamente informazioni, cozza con il principio prevalente che mira a fare di ogni navigatore automaticamente un sospettato da tenere sotto controllo.

Gli fa eco un altro avvocato, Marco Scialdone , che insieme a Paolo Brini ha curato una ricerca sugli studi sulla pirateria, una sorta di vademecum per sfatare qualche mito e parecchi luoghi comuni: “Quello che abbiamo provato a fare è stato mettere assieme studi indipendenti per comprendere il reale impatto della pirateria, quella non a scopo di lucro: se si stima male il fenomeno a monte – ha spiegato Scialdone – la contromisura a valle sarà sproporzionata”. Ma l’autentico nodo è la provenienza dei dati: “Quello che sappiamo ce lo dice l’industria, mentre quello che viene prodotto da altri organismi molto raramente viene preso in considerazione dalle amministrazioni chiamate a confrontarsi con il problema”.

Il tutto si inserisce in un contesto nel quale i numeri dicono che chi scarica è spesso il miglior acquirente dei beni nei circuiti legali, con una tendenza al consumo più elevata della media; i numeri dicono pure che nel 2010 si è registrato il record assoluto (e attualizzato) di incasso nelle sale cinematografiche . Se queste informazioni, questi dati reali, fossero prese in considerazione dai governi, si eviterebbe quel sovradimensionamento del fenomeno paventato da Scialdone, che porta a decisioni dettate dalla spinta delle lobby più che da opportunità reali.

Marco Pierani di Altroconsumo parla invece senza mezzi termini di “resistenza luddista” (una citazione) alle nuove catene del valore messe in gioco da Internet. È vero, ammette, alcuni segmenti della distribuzione vanno incontro a complesse problematiche di rendimento: ma è altrettanto vero che “un nuovo canale di distribuzione si è aperto, e le decisioni prese nei confronti della pirateria sembrano invece dettate da un evidente protezionismo di posizioni di rendita” preesistenti.

Da governi e istituzioni, specie da quelle che dicono di puntare alla liberalizzazione dei mercati, ci si sarebbe aspettati una spinta maggiore verso strumenti che privilegino la prosperità di questi nuovi mercati : “I diritti degli utenti stanno sopra il diritto del copyright” dice Pierani, che rilancia la proposta di rivedere la normativa per privilegiare il mercato, e invita a non sottovalutare che a causa delle politiche attuali sono gli stessi consumatori a subire dei danni in virtù dell’assenza dei contenuti sui canali di distribuzione da loro preferiti. Dello stesso avviso Mauro Vergari , di Adiconsum , che oltre a mettere in guardia dai rischi di un “precedente legale grave di questa delibera: niente magistratura per accertare un reato”, esorta alla creazione di un “diritto d’autore moderno per correre insieme alle tecnologie”.

È in questo senso che Stefano Quintarelli , esperto di nuove tecnologie e anche lui tra i contributori del libro, esprime la sua delusione: delusione per 10 anni trascorsi dalla nascita di iPod, visto quasi come un simbolo del passaggio di consegne dalla distribuzione tradizionale a quella digitale, trascorsi senza che alcun passo in avanti significativo venisse compiuto nel tentativo di cercare nuove forme di remunerazione . Emblematico il suo invito a “dedicare lavoro” alla questione, a “non dare risposte formali che non entrino nel merito” della faccenda: per “creare un nuovo mercato per i beni immateriali” è necessario intraprendere iniziative concrete per costruirlo, senza tentare inutilmente di “applicare le regole del Mondo Fisico a un Mondo Etereo”.

Luca Nicotra , segretario dell’associazione Agorà Digitale , parla per questo di “legge sul diritto d’autore preistorica” e invita a leggere il Libro Bianco non come documento di protesta ma di proposta : “Il problema centrale è riformare la legge, fare enforcement con questa legge, ora, significa chiudere la Rete”. Per Nicotra, ed è un pensiero condiviso dai più al tavolo, Agcom dovrebbe prendere atto delle difficoltà oggettive e fare una sorta di passo indietro rimandando al Parlamento il compito di intervenire sulla normativa. La normativa come presupposto dell’enforcement, ma una normativa adeguata al mercato che si propone di regolare.

Ed è Marco Beltrandi , deputato del PD (in quota Radicali), ad assumersi in questo senso le “responsabilità del legislatore”: “Il Parlamento ha il compito di aprire tavoli di discussione, e in questo caso si sarebbe dovuto prima riformare il diritto d’autore, come anche detto questa mattina da Calabrò nella sua relazione, e poi dare ad Agcom il compito di farlo rispettare”. Sono “divieti antistorici” quelli che si stanno discutendo, continua Beltrandi, e l’impressione “è che si voglia fare dell’Italia un paese esempio: esempio di come applicare il vecchio diritto d’autore pensato quando non esistevano le moderne forme di accesso alla conoscenza”. E una riforma, in questo senso, non può escludere dice ancora Beltrandi la “fine del monopolio SIAE”, garantendo i cambiamenti necessari a liberalizzare anche questo comparto.

Le conclusioni del commissario D’Angelo hanno un sapore vagamente politico: “La Rete ha giocato un ruolo importante nei referendum, ma sembra che per molti la Rete vada irregimentata e messa in riga: la libertà in Rete è peggiorata in questi mesi, per scelta nazionali e internazionali”. Critico D’Angelo sugli esiti del G8 francese, critico sulla regolamentazione entrata in vigore sulle WebTV e sulla messa in discussione della Net Neutrality : “Gli operatori stanno già demolendo la neutralità sulla rete mobie, e si vedono i prodromi su quella fissa. C’è un’ossessione per i motori di ricerca che non c’entra nulla con il riequilibro economico, quanto piuttosto lo stare chiusi tra muri insuperabili o ritenuti tali”.

E poi D’Angelo conclude: “Andare contro innovazione tecnologica mi pare un pensiero antico da superare: la Rete ha una dimensione sociale e politica importante, allora qualcuno deve aver pensato di far scattare misure che ne limitino la portata, di utilizzare il copyright per censurare. Occorre tenere vivo il dibattito su questi argomenti, anche e soprattutto in Parlamento”.

a cura di Luca Annunziata

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Pubblicato il
14 giu 2011
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