C’è chi ha sottolineato come il nuovo servizio musicale in the cloud di Amazon abbia già sollevato un vespaio di polemiche, scatenando un’agguerrita battaglia sul licensing di milioni di brani archiviati dagli utenti del retailer statunitense .
Al centro della bufera è così finita la piattaforma Cloud Drive , che permette a tutti gli utenti di Amazon di caricare i propri brani tra i vasti cieli del cloud computing , prima di poterli ascoltare in streaming su qualsiasi dispositivo connesso alla Rete.
Una vera e propria pioggia di musica, a partire dai 5 GB di spazio gratuito inizialmente offerti dalla società di Jeff Bezos. Ma i rappresentanti legali delle grandi sorelle del disco non sembrano aver affatto apprezzato questa nuova modalità di distribuzione.
Amazon non ha siglato alcun contratto di licenza per l’archiviazione in the cloud dei brani, dal momento che si tratta di file legalmente acquistati dagli utenti e poi riversati in uno spazio vuoto offerto dal servizio Cloud Drive .
Per le major, Amazon sarebbe responsabile di violazione massiva del copyright. Avrebbe cioè bisogno di una specifica licenza per permettere ai suoi utenti di archiviare musica online , per poi riprodurla su qualsiasi altra tipologia di device .
Gli alti vertici del retailer a stelle e strisce hanno ora scritto una lettera aperta alle varie major, sottolineando come in appena due settimane il servizio Cloud Drive abbia fatto innalzare il livello globale di musica venduta in formato mp3 .
Come a dire: perché lamentarsi per questioni – in questo caso nemmeno inquadrate perfettamente a livello legale – di licensing quando il nostro servizio spinge verso l’aumento delle vendite di musica legale?
Amazon non ha tuttavia quantificato questo aumento delle vendite, rimarcando la sua intenzione di non siglare alcun contratto specifico di licenza. Lo spazio a disposizione degli utenti resterebbe alla pari di quello offerto da un comune hard drive .
Mauro Vecchio