Il Rapporto Gallo è stato adottato dal Parlamento Europeo in sessione plenaria, 328 voti contro 245 (con 81 astenuti). In dibattito insieme a questa, anche due proposte alternative , una avanzate dal gruppo ALDE (simile alla proposta Gallo) e una da S&D (appoggiata tra l’altro dal Partito Pirata): a vincere il ballottaggio è stato invece il Rapporto promosso da Marielle Gallo, parlamentare francese già portavoce del partito di Nicolas Sarkozy. Questo diventa il modello da seguire sulla strada della riforma del sistema della proprietà intellettuale che mostrano di voler imboccare le istituzioni europee: non una legge, naturalmente, ma un’iniziativa che adesso (dopo che aveva già ricevuto l’ approvazione in commissione ) ha tutti i crismi per influenzare la scena politica del Vecchio Continente.
Il testo è stato giudicato molto duramente da numerosi osservatori che l’hanno osteggiato fino all’ultimo: si tratta, d’altronde, di un rapporto in ogni caso estremo che non tenta di coniugare le diverse istanze in campo, quelle dei consumatori e quelle dell’industria del copyright. A suo favore si sono invece schierati numerosi stati membri interessati ad una stretta sulla questione del controllo dei contenuti online (Francia, Regno Unito e Irlanda su tutti), così come ha espresso la propria soddisfazione FIMI: “Sicuramente il voto del Parlamento europeo costituisce un importante segnale affinché vi sia una maggiore incisività nella lotta anche alla pirateria digitale in Europa e negli Stati membri” ha dichiarato il Presidente Enzo Mazza.
“Il rapporto Gallo è un’esemplificazione della volontà da parte dell’industria dei contenuti di imporre una polizia privata del copyright e della giustizia sulla Rete”, ha dichiarato invece Jérémie Zimmermann, portavoce del gruppo per i diritti civili La Quadrature du Net .
Il problema che affronta è quello della gestione della proprietà intellettuale in Europa, ma il vero nocciolo è la questione della condivisione di file protetti da copyright e dal mancato guadagno per i detentori dei diritti.
Al centro del rapporto che adesso rappresenterà una linea guida per le istituzioni, la costruttiva proposta di licenza unica per i contenuti digitali su tutto il territorio comunitario , nell’ottica di garantire un accesso facilitato dell’industria ai diversi mercati nazionali, così da poter controllare la circolazione dei propri contenuti senza confini geografici. Ma anche, al tempo stesso, di alimentare la competizione. Per far ciò occorre armonizzare la tutela del diritto d’autore a livello europeo .
In generale, il rapporto non sembra voler distinguere chiaramente tra bene contraffatti e beni scambiati online : questo provoca non poche incomprensioni, come nel caso in cui si parla di contraffazione di medicinali e si tirano in ballo questioni di sanità pubblica, senza specificare che nel caso di prodotti digitali questo rischio è irrazionale.
Un altro punto su cui gli oppositori della proposta sono particolarmente duri è la promozione di accordi privati tra Internet service provider e detentori dei diritti volti a perseguire le violazioni facendosi giustizia da sé. Su questo passaggio ha puntato il dito in particolare Christian Engstrom, rappresentante del Partito Europeo presso il Parlamento Europeo: sono accordi volontari pericolosi perché presentano “il serio rischio di creare sistemi di autoregolamentazione che di fatto esautorano i netizen di diritti fondamentali” come il giusto processo (nel caso di un’applicazione parallela privata della dottrina Sarkozy) o il diritto alla privacy.
Il rapporto, infine, spinge la Commissione a intensificare gli sforzi negoziali verso ACTA , che peraltro lo stesso Parlamento ha in passato in parte bocciato .
In fase di dibattito è stato invece eliminato il paragrafo che invitava la Commissione ad affrontare “il delicato equilibrio tra libero accesso a Internet e misure da prendere per combattere efficacemente la piaga della pirateria”, che poteva anche scaturire in una sorta di garanzia nell’ottica del Diritto ad Internet.
Ad aggiungere veleno al dibattito già estremizzato alcuni termini utilizzati nel testo (“piaga”, “minaccia” e “collegamenti con la criminalità organizzata”) e uno spiacevole episodio che si è verificato nel corso dell’opera di lobbying dei detentori dei diritti presso i Membri del Parlamento Europeo: Eurocinema , associazione di produttori di cinema e televisione ha inviato una petizione che raccoglie le firme di artisti e compositori (tra cui Pedro Almodovar, Ken Loach e David Lynch), alcuni dei quali canadesi (quindi non europeo), altri che giurano di non aver mai firmato e almeno uno, Laszló Kovács, morto da 3 anni.
Claudio Tamburrino