Tre minacciose aquile, rappresentate in altrettanti sigilli di recente apposti dalle autorità statunitensi sulla homepage di circa 70 spazi web. Al centro, quella del National Intellectual Property Rights (IPR) Coordination Center , che ha così stretto tra gli artigli del copyright numerosi domini legati alla contraffazione e al P2P .
Siti come quello di Torrent-Finder , motore di ricerca specializzato in tracker BitTorrent. Gli agenti dell’ ICE Homeland Security Investigations hanno all’improvviso chiuso ogni sua attività online, sequestrandone il dominio web grazie ad una specifica ordinanza emanata da una non meglio specificata corte a stelle e strisce.
Ma i sigilli federali sono stati apposti alle porte virtuali di una più estesa rete di spazi web. Da usaburberryscarf.com a sunglasses-mall.com ; da dvdcollectionsale.com a merrytimberland.com . Per la maggior parte siti specializzati nella vendita di beni contraffatti, ma anche un pugno di search engine come Torrent-Finder .
O come RapGodfathers.com , dedito ad attività di linking verso servizi di file-hosting come RapidShare e Megaupload. Pare che gli agenti federali si siano presentati alle porte fisiche del suo data center a Dallas, con un mandato di perquisizione firmato dal giudice. Al contrario di quanto accaduto con Torrent-Finder dove nessuna ordinanza sarebbe stata emessa.
Nemmeno i responsabili di RapGodfathers.com ci hanno visto chiaro: i detentori dei diritti avrebbero in pratica smesso di inviare gli abituali avvisi di violazione in base alle disposizioni del Digital Millennium Copyright Act (DMCA). Notifiche che avevano di fatto portato – almeno secondo gli stessi responsabili – alla rimozione dei link incriminati .
Pare ora che le autorità a stelle e strisce siano passate a metodi più rapidi per combattere fenomeni illeciti come quello della pirateria. All’approccio morbido – l’ordine di rimuovere il link – seguirebbe quello radicale, basato sul sequestro dello spazio online su ordine del giudice . Anche se c’è chi giura che questo stesso ordine non sia sempre disponibile alla verifica.
La lunga lista di domini presi in consegna dalle aquile del copyright ha allarmato non poco gli attivisti. Nessuno farebbe più caso alla differenza sostanziale tra un utente che scarica illegalmente, un tracker che lo permette e un motore di ricerca che si limiti ad indicizzare una serie di link.
Ma a preoccupare maggiormente gli osservatori è la direzione in cui sembra correre spedito il governo statunitense. Ovvero verso l’adozione del Combating Online Infringement and Counterfeits Act ( COICA ), che vorrebbe abbattersi a livello civile sia sul responsabile di uno spazio online che su chi abbia registrato il relativo dominio.
Un vero e proprio embargo dei siti pirata , già approvato all’unanimità dai membri della Commissione Giudiziaria del Senato. Alcuni degli spazi elencati hanno tuttavia ripreso le attività dopo essersi spostati su un nuovo dominio. Che sia iniziata una nuova stagione della caccia al file sharing illecito?
Mauro Vecchio