Un’analisi sconfortata , recentemente pubblicata dal Center for Intellectual Property Policy & Management (CIPPM) presso la Bournemouth University , nel Regno Unito, uno studio più che dettagliato, a dipingere gli scenari economico-sociali che emergeranno in seguito all’ adozione comunitaria della cosiddetta legge Cliff, che estenderà la durata del copyright di ulteriori 20 anni .
Ottime notizie per l’industria musicale, che ha ottenuto il prolungamento da 50 a 70 anni nella protezione dei diritti di intepreti e produttori musicali d’Europa. Soprattutto perché associazioni di categoria e collecting society non dovranno sobbarcarsi i costi legati alla Direttiva comunitaria, che – almeno secondo i vertici del CIPPM – supereranno la quota di 1 miliardo di euro .
Denaro che verrà pagato dalla società del Vecchio Continente, mentre i signori dell’industria potranno contare su un più cospicuo flusso di entrate. Questa la visione del centro britannico, che ha sottolineato come il 72 per cento dei benefici economici provenienti dall’estensione sarà appannaggio delle etichette discografiche .
Il rimanente 28 per cento andrebbe ai performer , ovviamente in misura maggiore alle grandi superstar del pop-rock. Secondo il CIPPM, solo un misero 4 per cento andrà a quegli interpreti chiamati in causa dal Consiglio d’Europa , ovvero chi fatica davvero ad arrivare degnamente alla fine della propria carriera (o vita). Il centro britannico ha sottolineato come ci sarà una redistribuzione dei proventi dagli interpreti vivi a quelli deceduti.
Mauro Vecchio