Si chiama Close Contact Detector ed è la nuova arma messa in campo dalla Cina nel tentativo di frenare il contagio da coronavirus che ormai da qualche settimana sta mettendo in ginocchio il paese. Si tratta di un’applicazione mobile in fase di rollout da qualche giorno, più precisamente dall’8 febbraio. A renderlo noto Xinhua, l’agenzia di stampa ufficiale del governo.
Close Contact Detector, un’app contro COVID-19
Non sono ben chiare le modalità di funzionamento, né sulla base di quali informazioni opera il software, ma la sua finalità è chiara: mostrare ai cittadini un avviso nel caso in cui si trovano o si sono trovati nelle vicinanze di una persona colpita da COVID-19 (questo il nome attribuito ieri dall’OMS alla malattia).
In seguito all’installazione bisogna registrarsi con il proprio numero di telefono. Viene poi chiesto di effettuare la scansione di un codice QR utilizzando app come Alipay, WeChat o QQ, dopodiché è necessario inserire il proprio nome e il numero del documento di identità così da poter accedere a una schermata che rende noto se si è stati esposti al rischio di contrarre il coronavirus.
In caso di responso positivo viene consigliato di rimanere a casa e di mettersi in contatto con le autorità locali che si occupano della gestione dell’epidemia. Lo sviluppo è stato condotto da General Office of the State Council, National Health Commission e China Electronics Technology Group Corporations in partnership con diverse realtà cinesi incluse National Health Commission, Ministry of Transport, China Railway e Civil Aviation Administration of China al fine di garantire l’affidabilità dei dati.
L’avviso viene mostrato se Close Contact Detector valuta che il cittadino si è trovato a breve distanza da qualcuno a cui è stato certificato il contagio, senza adeguate misure di protezione, in contesti come luoghi di lavoro, ospedali, mezzi di trasporto e ambienti domestici.
La privacy non è la massima priorità
Non è difficile ipotizzare che l’app funzioni facendo leva su dati in grado di monitorare gli spostamenti dell’intera popolazione cinese. Un tema dibattuto a lungo e che continuerà a tener banco anche una volta che l’emergenza coronavirus sarà rientrata. In questo momento sono però in molti a sostenere che la tutela della privacy non sia prioritaria rispetto alla necessità di combattere una patologia capace fino ad oggi di infettare oltre 45.000 persone e causare più di 1.100 decessi, la maggior parte dei quali in Cina.