Il coronavirus non fa più così paura o forse ci ha più semplicemente stancati? Diamo seguito all’analisi della scorsa settimana sui volumi di query per la chiave “coronavirus” registrati da Google Trends in Italia e nel mondo per portare alla luce un’ennesima discrepanza tra quanto ci dicono le fonti ufficiali sulla diffusione della malattia e quello che è invece l’interesse nei confronti del tema manifestato nel nostro paese.
Coronavirus: “meh”
È sufficiente dare un’occhiata al grafico qui sotto per osservare come in seguito a un repentino incremento nel numero delle ricerche che ha toccato il suo apice nella giornata di domenica 23 febbraio, la tendenza ha innescato una discesa fino a stabilizzarsi da una settimana a questa parte. Il periodo preso in esame è quello che va dal 20 febbraio al 3 marzo (Google ancora non mette a disposizione le statistiche relative agli ultimi due giorni).
Le ricerche sulla chiave “coronavirus” in Italia dal 20 febbraio al 3 marzo
Eppure, se il 28 febbraio in Italia si registravano 655 casi di contagio accertati (17 morti e 45 guariti) oggi si è saliti a 3.858 infezioni verificate (148 decessi e 414 persone dimesse) stando ai dati condivisi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Vale la pena confrontare l’andamento nel nostro paese con ciò che invece emerge prendendo in esame le query in tutto il mondo, rappresentate nell’immagine qui sotto.
Le ricerche sulla chiave “coronavirus” nel mondo dal 20 febbraio al 3 marzo
Vero è che a livello internazionale l’infezione da SARS-CoV-2 si è manifestata in ritardo rispetto a quanto accaduto da noi e che probabilmente un trend simile a quello emerso sul nostro territorio potrà essere apprezzato a breve anche nelle altre aree geografiche. Dobbiamo però quantomeno rilevare un’anomalia, ognuno poi ne tragga spunto per una riflessione su quali fattori l’abbiano innescata, se una naturale flessione nella curva dell’interesse o qualcosa di recondito, nascosto tra le pieghe dell’italianità che mastica, ingoia e sputa in fretta ogni cosa, mettendosi prontamente alla ricerca di altro da fagocitare.
Avanti il prossimo
Dunque, avendo ora la consapevolezza che sopravviveremo al coronavirus, ce ne siamo già stancati? Osservando le bacheche dei social network e le pubblicazioni della stampa (non ce ne laviamo le mani tiriamo fuori) in poche settimane abbiamo assistito prima a un repentino e legittimo accrescimento della preoccupazione, poi a un suo allentamento sfociato in reazioni che hanno polarizzato la discussione tra chi “ci ucciderà tutti” e chi invece “è poco più di un raffreddore”, salvo poi non poter fare a meno di notare che in questi ultimi giorni sembra di nuovo serpeggiare un po’ di paura, forse alimentata da quanto sta accadendo in quei paesi che in ritardo rispetto a noi hanno iniziato solo ora a fronteggiare l’emergenza.
Il popolo del #***nonsiferma (inserire una città a piacimento) che all’applicazione delle misure di prevenzione antepone l’esigenza di fatturare continuerà a farlo. Chi in barba alle indicazioni e al buon senso si accalca in un centro commerciale per l’esibizione di una cantante continuerà a farlo, se potrà. Chi si è barricato in casa ci rimarrà a oltranza. Tutti gli altri nel mezzo, ma senza abbracciarsi.