Con oggetto “Misure incentivanti per il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa” la circolare 1 del 4 marzo 2020 (testo integrale in PDF) emanata dal Ministro per la Pubblica Amministrazione fornisce alcuni chiarimenti in merito al ricorso allo smart working da parte delle PA nell’ambito dell’emergenza coronavirus che sta interessando il paese.
Pubblica Amministrazione e lavoro agile: la circolare
La comunicazione si apre con un riferimento all’articolo 14 della legge del 7 agosto 2015 in cui si parla di telelavoro e dell’obbligo per gli enti pubblici entro i tre anni successivi di riconoscere ad almeno il 10% dei dipendenti (se ne fanno richiesta) di avvalersi di tale modalità di collaborazione senza andare incontro a penalizzazioni nel riconoscimento di professionalità e progressione di carriera. Tutto questo ovviamente adottando strumenti per controllare l’efficacia della misura e valutare i risultati raggiunti, accertando che non ne risenta la qualità del servizio erogato ai cittadini.
Si passa poi al decreto legge “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” del 2 marzo con un riferimento diretto all’epidemia di coronavirus. La circolare di oggi fa anche riferimento alla legge 81 del 22 maggio 2017, “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” che regola i rapporti riconducibili alla formula del lavoro agile: l’articolo 18 mette nero su bianco che la modalità è applicabile anche dalle pubbliche amministrazioni.
Per quanto concerne gli strumenti informatici citati, considerati misure di incentivazione, vengono elencati sistemi di videoconferenza e comunicazione da remoto, soluzioni cloud per l’accesso e la condivisione dei dati nonché accorgimenti per la reportistica interna e l’ottimizzazione della produttività.
Le PA possono inoltre consentire ai loro dipendenti e collaboratori di utilizzare i dispositivi privati (quando non è possibile fare altrimenti) a patto però di adottare adeguate misure di sicurezza e protezione. Un passaggio di cruciale importanza considerando la natura dei servizi e dei documenti gestiti. Dovranno ad ogni modo darne comunicazione al Dipartimento della Funzione Pubblica, tramite PEC, entro sei mesi.