Coronavirus: schizofrenia social, da #milanononsiferma a #iorestoacasa

Da #milanononsiferma a #iorestoacasa: schizofrenia social

Gli hashtag come valvole di sfogo e manifestazioni concrete di una confusione collettiva che si manifesta sulle bacheche dei social e non solo.
Da #milanononsiferma a #iorestoacasa: schizofrenia social
Gli hashtag come valvole di sfogo e manifestazioni concrete di una confusione collettiva che si manifesta sulle bacheche dei social e non solo.

Cosa è successo al popolo del #milanononsiferma? Solo poco più di una settimana fa a guidarlo era il primo cittadino del capoluogo lombardo, lo stesso che ieri ha aperto il proprio intervento ammettendo che “Dobbiamo cambiare le nostre abitudini di vita” se vogliamo uscire da questa situazione di impasse. Da “facciamo miracoli”, “abbiamo ritmi impensabili” e “portiamo a casa risultati importanti” a #iorestoacasa in pochi giorni. Ancora una volta i social e le loro tendenze ci restituiscono la nitida fotografia di un sentimento collettivo profondamente confuso. Da questo punto di vista il coronavirus non sta facendo altro se non portare alla luce la nostra incapacità di tenere ragione e razionalità al sicuro da influenze che non si trasmettono per via aerea, ma digitale.

Coronavirus: di contagio e di hashtag

Un dietrofront repentino, un’inversione che stanno operando in molti. Fortunatamente, ci sentiamo di aggiungere. In questo momento i risultati importanti da portare a casa non sono quelli che fattureremo a fine mese. Ce ne stiamo rendendo conto, anche se forse con un po’ di ritardo. Rivediamo dunque i nostri ritmi impensabili, impegniamoci a fare un miracolo che tutto sommato non ci costa poi molto, per il bene di tutti. Abbiamo gli strumenti. In tanti stanno cercando di prendere confidenza non senza qualche ostacolo con il concetto di smart working (o lavoro agile). Siamo poi spinti a mettere in discussione quell’etichetta negativa che abbiamo appiccicato al concetto di asocialità. Buffo, nell’era dei social pervasivi e onnipresenti.

https://www.facebook.com/beppesalasindaco/posts/2662514087351144

Ci sono dinamiche innescate dalla diffusione del coronavirus che vanno oltre i confini dell’emergenza sanitaria e che non possiamo non considerare. A livello di informazione e comunicazione, anzitutto. La stampa è chiamata a fare autocritica riconoscendo le proprie responsabilità. Il mondo della politica altrettanto, anch’esso infettato da una sorta di schizofrenia che finisce quasi inevitabilmente col mostrare il fianco a distorsioni e cattive pratiche.

Non siamo noi a dirlo: riprendiamo la parte conclusiva dell’intervento di Sala in merito a quanto accaduto nel fine settimana con la bozza delle nuove misure relative all’estensione della cosiddetta “zona rossa” a tutta la Lombardia circolata anzitempo e che in breve ha scatenato una pericolosa fuga di massa da quella Milano che nonostante tutto #sièfermata.

Stamattina ho ascoltato il Presidente del Consiglio lamentarsi della fuga di notizie. Non va bene, infatti, che il Sindaco e il Prefetto di Milano sappiano di queste norme dai media.

Percezione del rischio e responsabilità

Un decreto ministeriale non muta la natura dell’agente patogeno, non lo rende più o meno letale, si limita a stabilire paletti necessari al suo contenimento, indicazioni o imposizioni che tutti siamo chiamati a rispettare. La percezione del rischio associato alla malattia ne altera invece la pericolosità favorendone o rallentandone la diffusione, agendo sui comportamenti di tutti noi. È a questo cortocircuito di informazioni che possiamo guardare facendo appello all’assunzione di comportamenti adeguati non solo nelle nostre città, ma anche sulle nostre pagine, chat e bacheche.

Sconfiggeremo il coronavirus con le armi della medicina e della responsabilità, a partire da quella individuale. Allora, solo allora, saremo ben disposti a riconoscere la lungimiranza della visione di coloro che continuano a parlare di un timore eccessivo e ingiustificato. Lo faremo volentieri una volta che ci saremo lasciati alle spalle questo periodo complicato, ma non ora.

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Pubblicato il
9 mar 2020
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