Così portiamo Internet in Nepal

Così portiamo Internet in Nepal

Fabrizio Bartoloni intervista Bernando Innocenti, italiano nel team di OLE che lavora in Nepal per portare alfabetizzazione informatica e computer ai bambini della zona. Come reagiscono i bambini, come si caricano i portatili
Fabrizio Bartoloni intervista Bernando Innocenti, italiano nel team di OLE che lavora in Nepal per portare alfabetizzazione informatica e computer ai bambini della zona. Come reagiscono i bambini, come si caricano i portatili

Open Learning Exchange , meglio conosciuto sotto l’acronimo OLE, è un progetto di alfabetizzazione informatica dei paesi svantaggiati con l’ambizioso obiettivo di fornire entro il 2015 istruzione di base di qualità ad ogni bambino. E questo attraverso un network di centri nazionali che dimostrino il potere di contenuti educativi liberi ed aperti quanto il software e l’hardware utilizzato, il tutto grazie a tecnologie a basso costo.

Invece di portare loro, com’è successo finora da parte delle varie organizzazioni non-governative, computer obsoleti dismessi dalle nostre scuole con revisioni datate e in inglese dell’OS, gli istituti vengono forniti di OLPC o di altri laptop ultraportabili, thin clients (LTSP), e tablets (Kindle) nuovi di fabbrica su cui viene sviluppato sul posto software ad hoc, partendo proprio dal locale programma ministeriale di studio e scritto nella lingua di quegli alunni che dovranno usarli.

Tra i beneficiari di questa iniziativa figura il Nepal , vaso di coccio tra vasi di ferro per usare una metafora manzoniana, stretto com’è, non solo geograficamente, fra gli interessi economici e militari di due superpotenze quali Cina e India. Punto Informatico ha raggiunto Bernardo Innocenti , per tutti “Bernie”, unico italiano del team alle pendici dell’Himalaya.

Punto Informatico: Cosa spinge un professionista affermato a mollare tutto e trasferirsi così lontano per un progetto umanitario?
Bernardo Innocenti: Non mi è costato molto lasciare l’Italia per il Nepal! Anzi, direi piuttosto il contrario: si fa presto ad affezionarsi a queste montagne imponenti, i campi di riso a perdita d’occhio e le persone gentili che ti salutano con un “namastè” sorridendo quando attraversi il loro villaggio. Qua mancherà qualche comodità occidentale, ma abbiamo senz’altro molto da imparare dai Nepalesi riguardo ospitalità e tolleranza.

PI: A chi si chiede quanto senso abbia dare un computer in mano a chi non ha nemmeno da mangiare cosa rispondi?
BI: World Food Programme , con sede a Roma, si occupa da 50 anni di arginare il problema contingente della fame nel mondo. Ma per sradicare definitivamente fame, malattie e povertà è necessario agire in modo più indiretto creando le condizioni per innescare un’economia solida che porti infine alla modernizzazione dell’agricoltura.
La chiave è dare accesso a tutta la popolazione ad un’istruzione di qualità. Ricordiamoci che l’Italia in meno di un secolo è passata da un analfabetismo diffuso ad essere uno dei paesi più industrializzati al mondo.
Oggi possiamo offrire alla prossima generazione strumenti, decisamente più potenti del calamaio e dell’abaco, che permettono di accedere istantaneamente da qualsiasi parte del globo a tutto il sapere del genere umano.

scolari nepalesi PI: Che tipo di software e contenuti avete già completato e cosa state creando? Come reagiscono gli alunni?
BI: C’è un ambiente educativo completo chiamato Sugar le cui basi pedagogiche derivano da quaranta anni di ricerca del MIT sul costruzionismo cognitivo e sociale. In breve, “si impara facendo”.
Alle attività più creative quali disegno, composizione musicale,programmazione elementare e video editing, se ne affiancano altre tradizionali come aritmetica e scrittura.
Ma anche queste ultime hanno caratteristiche collaborative che stimolano l’interazione sociale studente-studente e studente-insegnante .

PI: Ecco, gli insegnanti?
BI: Per molti docenti si tratta di un cambiamento troppo radicale nel modo di imparare e sopratutto di insegnare. Per questo il Dipartimento dell’Educazione Nepalese ci ha chiesto di realizzare corsi di matematica, inglese e nepalese meglio aderenti al programma scolastico nazionale.
È nato così E-Paath (“paath” vuol dire “lezione” nell’idioma locale). Gli alunni lo trovano divertente, e i loro maestri sono molto soddisfatti dei risultati raggiunti, registrando un forte aumento nella frequenza.
Allo stesso tempo, i bambini portano a casa gli XO-1 e li utilizzano per fare fotografie, chattare tra loro e perfino programmare in Logo .

PI: Come rimediate al deserto di infrastrutture dello scenario nepalese?
BI: Finora abbiamo raggiunto scuole che, pur essendo situate in zone disagiate e difficili da raggiungere in auto, si trovano tutte nel raggio di 50Km dalla capitale. Per la connessione Internet ce la siamo quindi “cavata” con un ponte radio con la città piuttosto economico. Riguardo gli istituti remoti, stiamo prendendo accordi con aziende del luogo che possono installare connessioni satellitari.
Nel periodo delle piogge, quando la produzione di energia idroelettrica è alta, le scuole più fortunate ottengono corrente per 15 ore al giorno, stabile quanto basta per caricare le batterie di un centinaio di portatili. Non è raro che le comunità locali sostengano il progetto offrendo di caricare i laptop dai gruppi elettrogeni delle case vicine.
Per ora non è stato necessario acquistare pannelli solari ma è una possibilità che dobbiamo considerare in alcune regioni. In una giornata di sole pieno possiamo caricare la batteria di un OLPC in circa 6 ore con un pannello portatile da $12. Per caricarne centinaia in contemporanea nella scuola sarà però necessario un impianto molto più costoso.

PI: Il passato da amighista, le BBS nell’epoca d’oro, le prime navigazioni in Internet qua nel Belpaese, ti hanno insegnato qualcosa da mettere a frutto là dove sei ora?
BI: Certamente. L’arte di arrangiarsi torna sempre comoda quando non puoi comprare tutto quello che vuoi nel negozio sotto casa.
Nell’alloggio che dividevo con altri due volontari – un esperto di telecomunicazioni indiano ed un programmatore olandese – siamo riusciti ad ottenere un collegamento Internet a 7KB/s con un access point wi-fi collegato ad un’antenna direzionale sul tetto. Ad un certo punto l’alimentatore da 24V, un vero e proprio residuato bellico, si è guastato. Allora ho smantellato un vecchio alimentatore ATX da PC per prelevare la tensione che ci serviva tra il +12V ed il -12V dopo aver opportunamente cortocircuitato il segnale di accensione che normalmente proviene dalla scheda madre.
E questo è niente: per far fronte ai frequenti e prolungati black-out abbiamo un gruppo di continuità per l’intero ufficio, con una autonomia di parecchie ore, ottenuto con minima spesa collegando 6 grosse batterie da automobile in serie all’UPS. Il bisogno aguzza l’ingegno!

PI: Cosa diresti a chi stesse meditando di partire dall’Italia e unirsi a voi?
BI: Di non preoccuparsi per cibo, servizi igienici ed elettricità. Dove riescono a vivere i bambini nepalesi, noi che siamo grandi e vaccinati (e non è un modo di dire!) possiamo senz’altro cavarcela con facilità.
Ad onor del vero, mi sono presto annoiato del cibo tradizionale indigeno, e ne ho approfittato per sperimentare tutti i tipi di cucina asiatica disponibili nella capitale. Ci sono diverse ricette malesiane, thailandesi, indiane e tibetane che mi mancheranno in patria. Senza contare che, con pochi dei nostri euro, qua si potrebbe mantenere un tenore di vita piuttosto elevato dormendo in alberghi per turisti e muovendosi sempre in taxi. Ma se si parte con questo spirito, tanto vale rimanere a casa.

a cura di Fabrizio Bartoloni

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Pubblicato il
12 nov 2008
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