Roma – Internet-mercato o Internet-agorà. E ‘ difficile evitare di unirsi al dibattito ozioso tra chi vede nella Rete il nuovo paradiso del liberismo economico e chi sostiene sia stato tradito il suo ideale libertario e informativo. Troppo semplice, però, è liquidare il tutto sostenendo salomonicamente che Internet non è un blocco monolitico ma un campo d’azione in cui possono convivere le due anime.
In effetti ciò che si contrappone non sono due realtà che convivono, bensì due delle molte rappresentazioni della stessa realtà. Non si tratta di filosofia da salotto, ma dell’esigenza ineludibile di semplificare, riconducendo a categorie note e familiari qualcosa che presenta talmente tante sfaccettature da risultare disorientante. Come una di quelle sfere con gli specchietti appese ai soffitti delle discoteche anni ’70, che riflettevano varie immagini a seconda del punto di osservazione, Internet sembra una cosa diversa ogni volta che si sceglie una prospettiva. Formidabile veicolo di conoscenza fra i popoli, motore dell’economia del futuro, megacinema a luci rosse, biblioteca universale, supermercato globale, immensa agenzia matrimoniale, fulcro degli investimenti azionari da qui all’eternità, provvidenziale risposta a chi si chiedeva dov’era finito il famoso milione di posti di lavoro.
Allora Internet è tutte queste cose? Non esattamente. Internet consente di fare tutte queste cose, e molte altre, e certo una cosa non esclude l’altra. Internet infatti non è né una cosa né un insieme di cose, bensì un insieme di nuovi e potentissimi mezzi a disposizione per raggiungere un’infinità di scopi. La Rete è una sorta di strumento universale che si adatta alle varie esigenze di chi lo usa, sia esso una persona, un gruppo sociale, un’azienda, un governo. Non è un invenzione miracolosa nata con finalità precise, bensì il frutto dell’evoluzione delle società più avanzate. Evoluzione non solo tecnologica ma anche economica, sociale e culturale.
Ecco perché è difficile, se non impossibile, comprendere fino in fondo le potenzialità di Internet. Esse sono funzione non solo delle possibilità tecnologiche, ma anche delle intenzioni, aspettative, esigenze di chi si serve di essa. Essendo queste potenzialmente infinite, sono infiniti anche gli specchietti della “sfera” telematica.
Dunque tentare di spiegare il dotcom flop, vero o presunto, in base a caratteristiche intrinseche e peculiari della Rete è fuorviante. Sostenere che Internet non è adatta al business è un’amenità, perché il business si fonda sullo scambio, e se c’è un mezzo che favorisce lo scambio questo è proprio una rete telematica mondiale che consente di trasformare mercati locali in mercati globali, che mette a disposizione beni e servizi prima assolutamente inaccessibili in termini di disponibilità, prezzo, o semplice ignoranza della loro esistenza. Internet consente il libero scambio della conoscenza, ma non solo.
Se si vuole dare una spiegazione alla crisi dello sfruttamento commerciale della Rete non si deve biasimare chi ha usato uno strumento per scopi sbagliati, né chi ha usato uno strumento nel modo sbagliato, bensì chi si è trovato in mano lo strumento e anziché chiedersi per quale scopo usarlo, ha pensato di vendere direttamente lo strumento. Le vittime del dotcom flop sono coloro i quali hanno pensato che la Rete fosse un fine e non un mezzo, tentando di fare la cresta su altri ingenui che compravano secondo la logica del “mi dia un chilo di Internet”.
Allo stesso modo, la new economy è già in crisi perché in realtà non esiste, esiste l’economia che grazie a Internet si evolve, basandosi sempre sui soliti principi di fondo. Questo sembra essere sfuggito a chi si è buttato a capofitto nella creazione della nuova divinità pagana, il Commercio Elettronico. I suoi profeti ci hanno parlato dell’avvento di un nuovo mondo in cui nulla sarà più come prima. Ma non si tratta di un mondo a sé, bensì di una rete che mette in relazione il Mondo, per lo meno quello “sviluppato”, per scopi che, nella maggior parte dei casi, esistevano prima di essa. E infatti l’e-commerce altro non è che una vendita per corrispondenza su scala globale. Qualcuno dovrebbe spiegare quale sarebbe il genio di Jeff Bezos, che non ha fatto altro che aprire un Postal Market telematico del libro. Complimenti a lui per essere stato il primo, ma se è miliardario lo deve alla sua intraprendenza e lungimiranza, non certo, come ha detto qualcuno, per avere inventato un nuovo modo di fare business. E detto per inciso, in Italia non è che la vendita per corrispondenza abbia mai riscosso grande successo.
È triste pensare che in nome del Commercio Elettronico, in spregio al benché minimo livello di buonsenso, sia partita una cieca corsa a un Eldorado inesistente, con il mito del ragazzino miliardario in due settimane che ha spinto a quote siderali azioni di società che, allora come ora, nella migliore delle ipotesi stentano a produrre guadagni, nella mediocre delle ipotesi anche il minimo ricavo, nella peggiore creano perdite e disoccupazione. A proposito di buonsenso, nel Maggio 2000 la mia banca (che sto per cambiare) mi ha proposto di investire 5 milioni in un pacchetto di azioni tecnologiche “sicure” che ora sta perdendo il 17%.
I più romantici amano pensare che la Rete in sé abbia gli anticorpi per rigettare l’assalto di chi la vuole commercializzare. Se questo è stato l’assalto, gli anticorpi possono dormire sogni tranquilli. Ma se il Mondo si basa sul mercato, inevitabilmente Internet finirà per seguire le leggi del mercato. Piaccia oppure no, il futuro della Rete libertaria è legato a doppio filo a quello della Rete liberista. Un esempio ? Gli archivi di Usenet, contenenti anni di discussioni nei newsgroup, sopravviveranno solo se i neo-proprietari troveranno un modo per farli fruttare economicamente.