Roma – Tutti ne parlano, nessuno li vuole. E al coro di voci contrarie ai costi di ricarica per telefoni cellulari si aggiunge l’assolo del Ministro dello Sviluppo Economico Pierluigi Bersani (nella foto in basso): intervenuto alla trasmissione televisiva Ballarò , ha dichiarato di voler chiudere la questione relativa a quel balzello che consiste in “quei 2 euro da pagare su 10 euro di credito”, frase che gli è valsa raffiche di applausi da parte del pubblico.
L’argomento “costi di ricarica” è stato per mesi discusso e sviscerato su più fronti: a partire dalla petizione online varata la scorsa primavera per iniziativa dello studente Andrea D’Ambra , ha vissuto momenti di autentica notorietà e di interessamento istituzionale, fino ad arrivare ad un’ indagine condotta congiuntamente da Antitrust e Agcom , che hanno concluso sull’opportunità, da parte degli operatori, di una rimodulazione di tali costi. Ma ad oggi non è ancora pervenuta, in merito, alcuna decisione “regolatoria”.
Il ministro ha dunque dichiarato di voler porre fine, a livello istituzionale, ad un problema molto sentito dall’utenza, ed evidenziato quasi un anno fa dalla semplice iniziativa di un consumatore.
“I gestori devono far pagare le ricariche telefoniche per quello che costano” ha spiegato il ministro Bersani “Le Autorità stanno valutando e verificando se hanno la possibilità di correggere questo meccanismo, altrimenti proporremo al Parlamento una norma , all’interno del prossimo pacchetto sulle liberalizzazioni, che superi quella che è una tassa ridistributiva a rovescio che colpisce soprattutto i giovani. Fosse per me – ha continuato – un provvedimento del genere lo farei ieri, ma tali misure vanno vagliate dal Parlamento”. Bersani ha infine chiarito che l’intervento del Governo sarà attuato con un decreto se l’Autorità non riuscirà a risolvere il problema .
E i consumatori? Da una parte applaudono, dall’altra chiedono i rimborsi . Un’esortazione ad una riforma per eliminare quella “odiosa tassa sulle ricariche dei cellulari” è stata lanciata al Governo da Federconsumatori , che evidenzia: “La filosofia di fondo di questa tassa è iniqua perché chi ha meno paga di più”. E Carlo Rienzi, il presidente di Codacons , chiede al Governo e a Bersani “di far restituire ai gestori telefonici le somme indebitamente percepite gli ultimi tre anni tramite i costi di ricarica dei cellulari, pari a oltre 5 miliardi di euro”.
Altrettanto categorica Altroconsumo , che coglie l’occasione per ribadire la propria posizione in merito: “I costi di ricarica debbono essere aboliti e l’Autorità deve applicare sanzioni agli operatori di telefonia mobile , impedendo loro in futuro di reintrodurre indebiti costi aggiuntivi sulle schede ricaricabili”. E aggiunge: “Considerato l’utile interessamento alla questione da parte del Ministro dello Sviluppo Economico, ci sembra opportuno ricordare a Bersani che esiste però un’altra peculiarità tutta italiana per quanto riguarda la telefonia mobile nel panorama europeo e cioè la tassa di concessione governativa pari a 5,16 Euro per uso personale e 12,91 per uso affari. Quale conseguenza, chi – anche per evitare il costo della ricarica – opta per l’abbonamento, il balzello lo deve pagare direttamente allo Stato : su questo Bersani avrebbe indubbiamente una competenza più diretta ad intervenire!”
Si temono aumenti tariffari
Tutti contenti? Niente affatto. In molti hanno espresso scetticismo sulla possibilità di abolire i costi di ricarica, ipotizzando come probabile conseguenza una ricaduta di tali mancati introiti sulle tariffe applicate dagli operatori. Ma c’è chi assicura un imparziale vigilanza istituzionale: “L’abolizione dei costi fissi delle ricariche dei cellulari non comporterà l’aumento delle tariffe da parte delle compagnie telefoniche, e su questo tema ci sarà il controllo del Governo” ha affermato il sottosegretario all’Economia Mario Lettieri , che ha precisato: “Il governo, con l’abolizione di quelli che erano i diritti a favore dello Stato, manda un messaggio forte alle compagnie, per spingerle alla riduzione dei costi. Ma ovviamente – ha concluso – sarà la concorrenza, e quindi il mercato, a comportare la vera riduzione delle tariffe a favore degli utenti”. Secondo Benedetto Della Vedova , presidente dei Riformatori Liberali e deputato di Forza Italia, “il costo di ricarica per i cellulari non piace a nessuno e l’auspicio di una sua cancellazione espresso dal ministro Bersani è del tutto condivisibile. Un provvedimento governativo in tal senso, però, creerebbe un precedente pericoloso di interferenza dell’esecutivo sul libero mercato. E ci auguriamo che il ministro Bersani non vorrà utilizzare l’indubbio consenso popolare di una tale misura per giustificare una politica dirigista”. “Se il comportamento degli operatori presenta profili di illegittimità, dal punto di vista della concorrenza e dei cartelli tra imprese o da quello della trasparenza e della congruità delle tariffe, titolari di eventuali azioni coercitive sono le Autorità indipendenti, non il Governo”.
E anche Della Vedova, come Altroconsumo, propone a Governo e Parlamento di pensare alla cancellazione “dell’iniquo e antistorico balzello della tassa di concessione governativa che grava sugli abbonamenti di telefonia mobile, e che contribuisce a spingere verso il sistema a ricarica la quasi totalità degli utenti”.
Roberto Cota , vice capogruppo della Lega Nord alla Camera, spera “che quella del Ministro non si risolva in una sterile e demagogica sparata mediatica. Auspico invece la realizzazione di interventi utili a portare i costi della telefona mobile in linea con quella degli altri Paesi europei. È ovvio comunque che un simile intervento nel libero mercato – aggiunge – non possa venire direttamente dal Governo, ma semmai dalle Authority preposte, che dovrebbero finalmente farsi sentire”.
“L’annuncio fatto a Ballarò è un fatto molto positivo – ha dichiarato Roberto Poletti , capogruppo dei Verdi in Commissione Cultura alla Camera – ma saremmo potuti arrivare al medesimo risultato molto prima se il ministro Bersani ed il Governo avessero accolto l’emendamento dei Verdi alla Finanziaria 2007, presentato dal capogruppo alla Camera Angelo Bonelli e di cui io stesso ero firmatario, in cui si prevedeva, per l’appunto, la soppressione dei costi fissi di ricarica per i telefonini già dal primo gennaio 2007. Molto più di un annuncio”. “Dispiace – ha continuato Poletti – che il ministro Bersani, nel fare propria questa iniziativa, abbia omesso di menzionare chi da tempo conduce tale battaglia”.
Il riferimento è al promotore della petizione Andrea D’Ambra, che condivide le posizioni espresse da Della Vedova, Cota e Poletti. D’Ambra, nell’annunciare la fondazione di “Generazione Attiva”, associazione nazionale a tutela dei consumatori più giovani di cui è presidente (e co-fondatore con Pietro Foderini, Andrea Roberti, Gianluca Bianchi e Giovanni Donzelli), definisce “tardivo” l’intervento di Bersani, che “se avesse voluto avrebbe potuto intervenire anche prima, sostenendo l’emendamento alla finanziaria presentato dai Verdi” e osserva che le dichiarazioni del ministro Bersani, che ora rimanda la decisione all’Agcom, hanno un sapore di “strumentalizzazione politica”.
Cosa fa il Garante delle TLC?
L’Autorità TLC, dal canto suo, non arriverà ad una decisione definitiva prima della metà di febbraio. Alla pubblicazione (avvenuta ieri) della proposta dell’Authority, in cui si prevedono alcune possibilità di intervento, farà seguito una consultazione pubblica di 30 giorni con operatori e consumatori, per giungere ad una conclusione che potrà essere espressa al prossimo Consiglio utile. Tre le ipotesi di intervento:
– l’eliminazione, “per tutte le offerte, dell’attuale struttura tariffaria a due parti”, che potrebbe lasciare il posto ad “una struttura tariffaria unitaria dove il valore facciale della ricarica corrisponda integralmente al valore di traffico telefonico acquistato”
– la rimodulazione “dell’entità dei contributi di ricarica correnti, eliminandone il carattere regressivo attraverso l’introduzione di criteri di proporzionalità rispetto all’entità del controvalore dei servizi acquistati”, per una maggiore aderenza ai costi effettivamente sostenuti dagli operatori
– una “convivenza” temporanea di almeno un anno delle due ipotesi precedenti.
Dario Bonacina