L’ Internet Governance Forum che si è svolto a Roma lo scorso 27 settembre è stato incentrato sul tema della necessità di una “costituzione per l’internet”, cioè di un vero e proprio sistema di norme a tutela del “cittadino elettronico”. Ma la domanda che ci si dovrebbe porre – e che ALCEI ha posto durante il suo intervento nella sessione mattutina dell’IGF – è: ne abbiamo veramente bisogno?
La risposta, secondo noi, è “no”.
La “costituzione per l’internet” è soltanto l’ennesima variazione – peraltro non nuova – sul tema “normomania”, cioè la vera e propria ossessione che spinge a chiedere l’emanazione di nuove leggi prima di verificare se quelle che ci sono vanno bene o no. Da “ossessione” la normomania diventa facilmente strumento per creare nuove entità (agenzie, garanti, comitati, commissioni) che con la scusa di metterci il bavaglino, finiscono con il metterci il bavaglio (come scrisse nel 1996 Giancarlo Livraghi in Cassandra , ma vedi anche l’ intervento di Paolo De Andreis al convegno Internet, libertà e diritti organizzato dalla CGIL a Roma il 22 luglio 1997).
Ed proprio questa è l’aria che si respirava durante l’IGF, complice anche un’attenzione parossistica alle minuzie, che impediva di guardare al quadro complessivo della drammatica situazione italiana. Così, c’è chi si è preoccupato di “questioni di bottega” come quelle relative all’albo dei giornalisti e i siti internet, chi si è concentrato sul ruolo degli RFC, chi – ancora – ha posto il problema inesistente della tutela dei blog (come se una tecnica per pubblicare contenuti fosse qualcosa di rivoluzionario rispetto al “fatto in sé” di diffondere informazioni).
I diritti civili, oggi più che mai sono minacciati dalla censura, dall’invasività dello Stato e delle imprese e da un generale scadimento del senso di civilità di ciascuno di noi. Il continuo riferirsi alla necessità di “autoregolamentazioni” (per il copyright, per la tutela dei minori, per la tutela dei dati personali, per esempio) è un mezzo per sottrarre al Parlamento la potestà legislativa, e per affidarla a burocrati e lobbisti.
E di fronte agli abusi vecchi e nuovi, basta leggere la Costituzione della Repubblica (quella vera, non quella di plastica che si vorrebbe creare) per capire che non abbiamo bisogno di altro, se non di farla rispettare.
Altro che “costituzione per l’internet”.
Andrea Monti
ALCEI