Possiamo piangerci addosso e affogare nell’allarmismo; possiamo sostenere che non stia succedendo assolutamente nulla di anormale e organizzare aperitivi in piazza “per ripartire”; oppure possiamo analizzare i dati e pianificare il futuro, perché sarà lì che si giocherà gran parte del tono con cui scriveremo il capitolo “Coronavirus” della nostra vita umana e professionale.
L’immediato poi: leggere, capire e prevedere la Covid-19
L’immediato “poi” sarà un momento cruciale per le aziende ed i professionisti perché in un istante occorrerà avere bene in mente:
- da che situazione si riparte
- in che direzione andare
Per non farsi cogliere impreparati, però, occorre anzitutto capire quando sarà l’immediato “poi”, cercando di anticiparne i tempi. C’è un dato che possiamo analizzare per non sprofondare nella selva di numeri sulla Covid-19 che stanno uscendo in queste ore, come un flusso continuo e disordinato destinato a generare caos dal quale è difficile districarsi: attenzione al numero dei pazienti in terapia intensiva.
Questo dato è fondamentale per due motivi: primo, perché se l’esplosione di questo numero sarà eccessiva si rischia di oltrepassare quella che è la capienza ospedaliera garantita dal servizio sanitario nazionale, quindi alcuni pazienti dovranno essere lasciati a casa e sostanzialmente abbandonati al proprio destino. Questo è esattamente l’orizzonte che occorre evitare, la peggiore delle situazioni, l’unico orizzonte da combattere ad ogni costi.
Ma in secondo luogo v’è anche un elemento statistico importantissimo: mentre sul numero di infetti e di guariti non v’è alcuna possibilità di confronto rispetto agli altri paesi, sui ricoveri in terapia intensiva si può invece effettuare un raffronto diretto e si può valutare più concretamente l’andamento dell’epidemia. Svuotare la terapia intensiva a livello nazionale significa aver passato il “picco”, significa avere una situazione che inizia a rientrare, significa poter spostare il focus (ma non la cautela, sia chiaro) dall’emergenza sanitaria al mood “ripartiamo”.
Questi dati sono stati messi assieme da Scienza di Rete grazie alla semplice elaborazione delle informazioni diramate continuamente dalla Protezione Civile, vero e proprio organo centrale nella gestione della crisi:
Come è possibile notare nel secondo grafico (sopra), dove sull’asse delle ascisse è riportato il numero di giorni trascorso dall’inizio dell’anno, l’evoluzione nel tempo del numero di individui in gravi condizioni è approssimata al meglio da una curva esponenziale, con un tempo di raddoppio vicino ai 2,6 giorni (per confronto, è riportata nel grafico anche una estrapolazione lineare dei dati). […] Estendendo in avanti ai prossimi giorni l’estrapolazione esponenziale, che gli indicatori statistici mostrano affidabile (certamente e soltanto su tempi abbastanza brevi), e molto più attendibile di un comportamento lineare o a potenza, si nota come il numero di posti letto richiesti in terapia intensiva cresca rapidissimamente nella prima settimana di marzo, configurando una situazione di ovvia crisi per le strutture sanitarie del territorio, poiché potrebbero essere richiesti almeno 350 posti letti in terapia intensiva entro il 5 marzo (ed ancora di più successivamente).
Il confronto con i dati raccolti in Corea (probabilmente più attendibili rispetto a quelli legati alla crisi di Wuhan) ci dicono che siamo ancora in una fase iniziale della curva, che il suo sviluppo rimane estremamente pericoloso e che la crisi durerà ancora per alcune settimane: a parlare è la statistica. A supportarci è la grande disponibilità di numeri e, anche senza fare appello alla precisione ed alla proiezione consentita dai big data, ognuno può comunque metterci mano in modo intelligente per ottenere indicazioni immediatamente utili.
La vera innovazione: cosa verrà poi?
Saremo realmente di fronte ad un mondo nuovo? Questo non è chiaro perché ancora non riusciamo a misurare gli impatti radicali che il cigno nero del Coronavirus sta calando sull’economia mondiale. Su questo i numeri possono fino ad un certo punto, mentre l’intuito può molto di più.
Quel che è chiaro è il fatto che fossimo tutti impreparati. Sebbene da decenni ci si riempia tutti la bocca e gli occhi dei benefici che l’innovazione è in grado di generare, spesso e volentieri la velocità nella ricerca non ha un corrispettivo nella capacità di messa a terra di queste innovazioni. Il cloud ancora non è entrato nella Pubblica Amministrazione, così come lo smart working ancora non è stato integrato strutturalmente nel mondo aziendale, così ancora come l’Intelligenza Artificiale non ha impatti sostanziali nella sanità e la potenza di calcolo non sempre è a disposizione della ricerca scientifica.
Una innovazione spesso e volentieri messa a disposizione del mercato consumer, ma troppo raramente integrata in elementi legislativi agili e adattivi. Una legislazione spesso e volentieri ancorata al passato ed incapace di adeguarsi agli stravolgimenti della privacy, della comunicazione e degli equilibri sociali poiché costruita su paradigmi rivelatisi fragili, inerti e antichi.
Un nuovo pragmatismo sarà richiesto a quel che verrà poi e a chi verrà poi, a chi guiderà aziende e a chi ci rappresenterà in politica: è il momento di mettere a regime tutto quel che l’innovazione ci ha donato. Non è più tempo di chiacchiere, bisogna mettere anzitutto a frutto ciò che può fare accelerare la società e l’economia. Le avanguardie continueranno a correre da sole, verso lo Spazio e oltre, ma il mondo non può ridursi ad un isolamento tra avanguardie e inerzia culturale: serve contaminazione vera, ad ogni livello, per mettere in campo una vera innovazione che ci porti ad una vera evoluzione.
Il cigno nero muore sempre. Lascia danni, ma anche lezioni. Per ridurre i primi occorre imparare, in fretta, quel che insegnano le seconde. Iniziamo ora, qui, tutti.