È questo un raro caso in cui il binomio crack e Borsa hanno assunto un risvolto vantaggioso. Ma solo per un misterioso personaggio, tale Matthew Charles Stokes. Proprietario factotum di Blue Bottle Ltd., presunta società di consulenza (inglese, a parere di Reuters , di Hong Kong secondo AP , con sede negli Emirati Arabi, riporta CNN ), Stokes ha sfruttato le proprie conoscenze informatiche per ottenere un profitto straordinario.
Avrebbe infatti ottenuto oltre due milioni di euro nel giro di un mese con la compravendita di azioni, potendo giocare sull’indiscutibile vantaggio di conoscere in anticipo le mosse strategiche di alcune aziende. Svelato l’arcano: l’uomo non solo ha dichiarato sfacciatamente false generalità per accedere agli scambi ma è anche “penetrato nelle reti di computer” per “ottenere impropriamente l’accesso elettronico a sistemi che contenevano informazioni riguardo ad imminenti comunicati stampa”, si legge in un documento della Securities and Exchange Commission ( SEC ), il corrispettivo USA della Consob italiana.
Stokes, ad ottobre, ha creato il suo account presso il broker online di cui si serviva, omettendo informazioni, fornendo falsi documenti. Ma nessuno si era allarmato: la sua avventura finanziaria procedeva fra alti e bassi, con piccole transazioni. Sarebbe stata solo questione di tempo perché la sua fortuna iniziasse ad insospettire: da gennaio le sue transazioni iniziano a verificarsi con una tempistica perfetta. Un esempio? Stokes conosceva in anticipo la situazione di RealNetworks, condannata da un bilancio annuale al di sotto delle aspettative. Il giorno precedente al comunicato di RealNetworks, che avrebbe fatto scendere il valore della azioni del 16%, Stokes vendeva le sue quote, guadagnando il corrispettivo di oltre duecentomila euro.
Ma questa è solo una delle tante losche e redditizie movimentazioni del tuttofare di BlueBottle. Stokes, o “qualcuno che si presentava come Stokes”, si legge nel documento della SEC, ha scambiato con sospetta tempestività, forte di anticipazioni ottenute con espedienti ancor più sospetti, le quote di almeno dodici compagnie quotate in Borsa.
Quale il modus operandi di Stokes? Ha avuto accesso ai computer degli addetti alle pubbliche relazioni? Si è infiltrato nelle reti aziendali in cui erano depositati i documenti in attesa di essere rivelati ai media? Il mistero è ancora da sciogliere, qualche dettaglio in più emergerà il 7 marzo, in tribunale. Per ora c’è solo il reato, e l’accusa della SEC.
La Securities and Exchange Commission ha infatti denunciato il caso di Stokes, ne ha congelato il patrimonio, onde evitare che perseverasse, e lo ha caldamente invitato a riportare i fondi negli USA, fondi che prontamente erano stati trasferiti nelle casse di una remota banca cipriota, dalla quale venivano attinti.
Ancora non è chiaro come sia avvenuto il trafugamento dei comunicati stampa ma, almeno nelle intenzioni, Stokes non è il primo a tentare questa via. Un caso di cracking a fini borsistici, infatti, si era verificato già nel 2005 , quando due impiegati estoni erano riusciti a carpire oltre 360 comunicati stampa di oltre duecento aziende USA quotate in Borsa, prima che venissero emessi, attingendoli da Business Wire . Una strategia che è valsa ai cracker sei milioni di euro.
Gaia Bottà