Era stata trascinata davanti alla corte da uno sceriffo particolarmente avverso alla prostituzione, ma alla fine la gestione del discusso sito Craigslist ne è uscita pulita come al solito. Il giudice distrettuale John Grady ribadisce quanto già stabilito in precedenti sedi, ovverosia la non-imputabilità al management del portale di eventuali comportamenti illegali tenuti dai suoi utenti.
La causa scatenate dell’ennesimo guaio (ora risolto) di Craigslist è stata la denuncia dello sceriffo Tom Dart della contea di Cook, nello stato dell’Illinois, secondo la cui opinione la sezione “erotic” del celebre portale di annunci non solo configurava un reato nei confronti dell’ordine pubblico violando leggi locali e federali, ma in più rappresentava una vera e propria incitazione alla prostituzione “sollecitando” coloro che volessero vendere il proprio corpo a “organizzare incontri di persone ai fini della prostituzione”.
Nell’interpretazione dello sceriffo Dart, Craigslist era insomma diventato una vera e propria maitresse digitale, sistematica alcova dai confini indefiniti tanto più pericolosa quanto più facilitata era la pratica della prostituzione in-house per i professionisti del settore.
Ma la versione di Dart è stata rigettata completamente dal giudice Grady, che facendo a pezzi le accuse di incitazione e favoreggiamento alla prostituzione ha ricordato le sentenze precedenti della Corte di Appello e ha invitato lo sceriffo a proseguire con la sua opera di identificazione e persecuzione di “individui che pubblicano contenuti presumibilmente illegali” sul sito. Con un avvertimento di non poco conto: il tutore della legge “non può denunciare Craigslist” per la condotta dei suddetti individui.
Positiva ancorché stringata, la reazione di Craigslist alla decisione di Grady: “Accogliamo favorevolmente la decisione del giudice” ha dichiarato la società nel suo commento post-sentenza, mentre al momento non è dato di conoscere l’eventuale reazione dello sceriffo con il pallino della prostituzione. Sul suo capo sono ancora pendenti le accuse, ancorché di semplice rilevanza morale e non giudiziaria, di essere in cerca di facile pubblicità andando alla caccia delle porno-streghe su un sito abituato a stare costantemente sotto i riflettori.
Alfonso Maruccia