Il Garante per la Protezione dei Dati Personali sta affrontando da tempo una sfida importante non solo sul contenuto delle informative privacy, ma anche sulla forma. Soprattutto sulla forma, per certi versi. La complessità, la lunghezza e la poca chiarezza delle informative, infatti, vanifica il grande lavoro compiuto su normative e contenuti, creando una cortina di distanziamento tra l’utente e le indicazioni fornite. Il risultato è che, nonostante le informative, gli utenti hanno soltanto una minima consapevolezza dei dati che cedono e del modo in cui saranno trattati. Una possibile soluzione potrebbe risiedere nelle Creative Commons.
Creative Commons per la privacy
Il progetto parte con la firma su un vero e proprio protocollo di intesa tra il Garante il Capitolo italiano di Creative Commons (“gruppo di lavoro che rappresenta, su base volontaria, in Italia il “Global Network” di Creative Commons, un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro finalizzata alla fornitura di licenze gratuite e strumenti che i titolari dei diritti d’autore e dei diritti connessi possono utilizzare per consentire ad altri di condividere, riutilizzare e remixare legalmente le proprie opere“). Il protocollo di intesa (pdf) sancisce la collaborazione tra le parti per una ricerca volta ad estendere l’attuale perimetro delle licenze Creative Commons verso una nuova area inesplorata, nella quale il Garante Privacy farà da guida e apripista.
L’obiettivo del Garante è così dichiarato: “Semplificare l’elaborazione delle informative privacy usando il metodo Creative Commons, il sistema attraverso il quale il contenuto e il significato delle licenze per la fruizione di contenuti protetti dal diritto d’autore sono tradotti in simboli standard, universali, generabili automaticamente attraverso un’apposita piattaforma“. Si vuol tentare, insomma, di realizzare un un sistema similare a quello già implementato in tema di diritto d’autore, ma formattato sulla logica della cessione. Idealmente, insomma, saranno semplici icone a identificare le discriminanti e basterà scegliere ed identificare le icone per avere un colpo d’occhio immediato sul destino dei propri dati.
Le note icone in uso nel sistema Creative Commons potrebbero fungere da modello, insomma, per dirimere indicazioni di valenza internazionale sulle quali convergere per far passare il maggior numero di informazioni possibili con la massima chiarezza raggiungibile e con il minor numero di simboli ipotizzabile: solo la semplicità può salvare la forma, infatti, rendendo le informative privacy comunemente intellegibili.
L’idea è intelligente, soprattutto in virtù del fatto che il sistema Creative Commons è già ampiamente collaudato e noto. “Sebbene lo studio parta dall’analisi del contesto italiano“, spiega il Garante, “l’obiettivo finale è quello di creare un sistema da mettere a disposizione in tutti gli Stati membri europei per costruire un ambiente digitale in cui le questioni legate alla protezione dei dati siano gestite in modo coordinato nel mercato unico digitale“. Un’idea italiana, insomma, ma di orizzonte continentale per aprire la strada ad un nuovo modo di indicare il modo in cui i dati saranno trattati sui vari servizi (online e offline) ai quali si cedono i propri dati personali.