Il mondo dell’innovazione ha una sua ciclicità ormai in larga parte prevedibile poiché ripetuta ormai da alcuni decenni, un’alternanza di fasi che molto (troppo) spesso vengono descritte e ricordate più per la loro parte hardware che non per i loro contenuti. L’innovazione, insomma, tende a raccontare sé stessa più attraverso la tecnologia che non per tutto quel che ne è conseguito. Ma basta allontanarsi un attimo da questo punto di vista per certi versi limitativo per notare come in realtà i cambiamenti non si misurino soltanto in Mhz o in megapixel. Tutto ciò a maggior ragione nel giorno in cui iniziano le vendite della nuova Xbox Series X, a pochi giorni di distanza dall’esordio della PS5 e nel bel mezzo del parto di quella che è considerata la nuova “next-gen” del mondo del gaming.
Quel che entrambe le case sbandierano non è un’emozione, ma un potenziale. Promette Sony: “la potenza di CPU, GPU e unità SSD personalizzate con sistema I/O integrato permette prestazioni mai viste prima su una console PlayStation“. Risponde Microsoft: “la nostra console più veloce e potente di sempre, ideata per una generazione di console che mette te, il giocatore, al primo posto“. Nuovi sfolgoranti chip, muscoli misurati in teraflop, empatia scandita in frame-per-secondo, testosterone pesato in terabyte. E poi?
E poi ci si trova però con una lineup di videogiochi che, pur migliorando prepotentemente e continuamente la loro capacità grafica ed il loro realismo, sembrano faticare a trovare nuovi sbocchi narrativi. Gli annunci delle nuove console si sono così appiattiti su nomi nomi, da produttori noti, con personaggi noti, annacquando le emozioni di gameplay già ampiamente metabolizzati. Ecco perché la next-gen potrebbe rappresentare una grossa opportunità: apre una nuova prateria, ma la sensazione è che manchino gli esploratori pronti a spingersi in cerca dell’oro. Eppure l’oro c’è, perché lo dice la storia: la tecnologia crea potenzialità, ma è la fantasia a sublimarle in emozioni.
Nuova narrativa cercasi
Sui videogiochi c’è poco da scherzare: più che semplici giochi da ragazzi sono in realtà un mercato da quasi 160 miliardi di dollari annui a livello mondiale, con un volume d’affari che sfiora i 2 miliardi di euro solo nel nostro Paese. Basta questa cifra a spiegare di cosa si stia parlando. Eppure era questo un mercato nato negli scantinati delle sale giochi, poi diventato grande con nomi quali Commodore e Atari, maturato con le prime console, definitivamente esploso con le nuove generazioni dell’oligopolio Microsoft-Sony-Nintendo. A tutto ciò si affianca una realtà mobile sempre più solida, che ha esploso le opportunità di gioco su una molteplicità di schermi ed ha definitivamente imposto il gaming nell’immaginario collettivo.
Eppure manca qualcosa, è evidente. Ogni generazione, infatti, ha avuto il suo grande nome a suggerire una svolta ed ogni giocatore ha probabilmente alcuni personaggi nel cuore sui quali identificare una svolta nella propria esperienza. Che sia un Prince of Persia o un Monkey Island, che sia un Assassin’s Creed o un The Last of Us, c’è sempre un momento in cui la narrativa subisce una accelerazione e per molti versi detta l’evoluzione successiva, così come è stato negli ultimi anni per Fortnite o così come suggeriscono i successi indie del calibro di Limbo e Cuphead. Su questo canale parallelo la tecnologia ha ben poca voce in capitolo: la potenza di calcolo e la velocità dei chip creano “soltanto” opportunità mettendo altri cavalli nel motore, ma serve una narrazione per poter catturare davvero i gamer. Serve un pilota per un’auto tanto potente, serve l’estro che interpreti le curve e scaldi i cuori. Questa narrazione sta mancando e tutto ciò va visto come una grande, incredibile, opportunità.
Le praterie che vanno aprendosi sembrano aride ed è in questo frangente che Microsoft si porta a casa a peso d’oro (7,5 miliardi di dollari) le storie della ZeniMax Media. Il parallelo è il medesimo che sta vivendo il mondo della produzione televisiva e cinematografica, dove l’originalità della narrazione può fare la differenza per i destini di piattaforme come Netflix e Amazon Prime: ecco perché la guerra sulle esclusive si sta combattendo con investimenti milionari. Laddove la tecnologia ha sfondato muri ed ha aperto orizzonti, serve una cavalcata in avanti di chi si lancia in esplorazione su nuove storie, nuovi modi di raccontare, nuovi codici linguistici.
Insomma: sì, ci sono opportunità e non sono soltanto appannaggio di ingegneri e sviluppatori (benché il loro ruolo resti centrale nella traduzione dell’idea in prodotto commerciale). Laddove servono idee, le opportunità sono per i creativi e cavalcare la giusta intuizione potrebbe portare alla nascita della prossima Bethesda o del prossimo Super Mario.
Il ragazzo che in questi giorni farà propria una nuova PS5 o una nuova Xbox potrebbe appena aver fatto il primo investimento sul proprio futuro e quando dovrà scegliere la propria Università starà forse già lavorando per la realizzazione delle emozioni dei prossimi anni. L’appello per le competenze STEM (“Science, Technology, Engineering and Mathematics“) è fondamentale ed orientato alla quantità di posizioni che si apriranno in questo frangente, ma non ci sarà idea creativa di successo che non sia supportata dalle necessarie competenze umanistiche. Non sono solo giochi per ragazzini: a testimoniarlo, nell’anno del Covid e dei lockdown, ci sono 160 miliardi di dollari.