Dalla Russia è arrivata la conferma che il Paese è pronto a sequestrare fino a “60 trilioni di rubli di depositi dai privati”. Questo nell’eventualità che i Paesi Occidentali applichino sanzioni contro la Russia e congelino tutti i beni russi all’estero. Una notizia che ha innescato un allarme tra i cittadini russi e ucraini. Molti, infatti, stanno valutando le criptovalute come unica forma di protezione da questo pericolo.
Da una parte i cittadini russi sarebbero obbligati a cedere i loro risparmi al Cremlino per aiutare il Paese in questa inspiegabile guerra. Dall’altra i cittadini ucraini sarebbero spodestati dei loro beni a causa dell’invasione russa in atto. Spostando i propri fondi su portafogli digitali estranei alla loro nazione, entrambi potrebbero così salvarsi da una confisca quasi certa.
L’aiuto arriva dalle criptovalute
Chi l’avrebbe mai detto che le criptovalute, con il loro ecosistema, si sarebbero rivelate un salvagente prezioso durante una guerra. La realtà dei fatti è questa e a rivelarlo è il rischio concreto che la Russia possa confiscare i fondi ai privati per far fronte a possibili conseguenze dovute all’attacco sconsiderato all’Ucraina.
In un certo qual modo le criptovalute, insieme a Bitcoin, avranno un ruolo chiave nella guerra russa perché permetteranno al Paese di difendersi da inevitabili sanzioni. Nondimeno, essendo neutrali, gli asset digitali potranno fornire un valido aiuto anche ai cittadini stessi, sia russi che ucraini, da un pericolo reale e imminente.
A confidare questo pericolo, apertamente, è stato Nikolai Arefiev, membro del Partito Comunista e vicepresidente del Comitato della Duma per la politica economica. In un’intervista a News.ru avrebbe confermato che i Paesi Occidentali vogliono congelare i beni russi all’estero. Per far fronte a questa possibilità la Russia si è già preparata a confiscare fondi ai privati fino a raggiungere la somma di 60 trilioni di rubli. Tradotto significa che i cittadini russi dovranno obbligatoriamente fornire al Paese circa 750 miliardi di dollari.
Le dichiarazioni della Russia in merito alla confisca dei fondi
Questo provvedimento era nell’aria. Infatti, proprio Arefiev aveva dichiarato che da tempo si stava discutendo in merito alla situazione di due delle maggiori banche russe, la Sberbank e la Vneshtorgbank (VTB). Entrambe sostenute dal Cremlino, sono necessariamente nel mirino delle autorità occidentali che stanno valutando possibili sanzioni contro di esse.
Da qui la richiesta ufficiale da parte della Duma di Stato nell’ottenere le condizioni necessarie per la confisca dei risparmi dei russi, la cui sorte potrebbe essere salvata proprio dalle criptovalute. Se i cittadini russi spostassero gran parte dei loro fondi in asset digitali la Russia non potrebbe sequestrare più nulla.
Ma vediamo ora la dichiarazione ufficiale di Nikolai Arefiev in merito a questo pericoloso provvedimento:
Se tutti i fondi all’estero venissero bloccati, il governo non avrà altra scelta che sequestrare tutti i depositi della popolazione – ci sono circa 60 trilioni di rubli – per uscire dalla situazione.
Molti si domandano se lo Stato Russo, nell’eventualità si concretizzi questa ipotesi, restituirà i soldi confiscati. In tutta risposta, il deputato ha ricordato la restituzione dei depositi sovietici esauriti nel 1990 perché utilizzati per finanziare il disavanzo nel bilancio dello stato della perestrojka. Ecco come ha riassunto la questione Arefiev:
Passeranno cinque generazioni prima che lo stato ripaghi, a quel punto l’inflazione divorerà tutto questo.