Criptovalute: dalla Cina agli USA, biglietto sola andata

Criptovalute: dalla Cina agli USA, biglietto sola andata

A distanza di pochi mesi dal ban cinese alle criptovalute, le cui cause sono legate in parte a nuove manovre contro la fuga di capitali e in parte alla crisi energetica in atto nel Paese orientale, gli USA risultano essere i nuovi leader del mining internazionale. In realtà la fuga dalla Cina sembra aver spalmato su molti Paesi lo spostamento dei principali hub di mining, ma le destinazioni principali sono chiaramente identificabili:

  • Stati Uniti
  • Kazakistan
  • Russia
  • Canada

Nella top ten internazionale ora compaiono anche due realtà europee quali Irlanda e Germania. Confermate, sostanzialmente, le impressioni iniziali: le aree sono state identificate in parte sulla base della distanza (per il trasferimento delle macchine già operative), in parte sulla base del costo dell’energia ed in parte in scia al quadro politico che possa paventarsi di fronte al comparto crypto.

Mining, addio Cina

La manovra cinese è stata improvvisa e determinata: ogni attività legata alle criptovalute è stata rapidamente messa al bando e le centrali del mining hanno avuto ben poco tempo per decidere cosa farsene dei propri hub: in parte si sono “nascosti” nel Paese, in parte hanno rapidamente traslocato i propri centri di elaborazione, ma in ogni caso è successo tutto nel giro di un trimestre. Oggi gli stessi miner sono altrove, in cerca di fortuna in occidente dopo che l’oriente ha chiuso i rubinetti dell’energia con tanta sollecitudine.

Uno scossone importante, che secondo le prime analisi avrebbe potuto pesare fortemente anche sul valore delle criptovalute. Così non è stato, anzi: il Bitcoin ha toccato nuovi minimi e per poi arrivare verso nuovi massimi, operando in modo quasi distaccato rispetto al nuovo quadro geopolitico andato a delinearsi.

Inevitabilmente uno spostamento tanto solerte e importante di attività energivore come il mining non possono che creare scompensi: se gli USA sono probabilmente pronti ad assorbirne le attività (anzi, Miami addirittura le sta incoraggiando), Paesi come il Kazakistan hanno invece incontrato qualche problema negli approvvigionamenti elettrici e dovranno decidere a livello politico se consentire o meno le attività di un comparto che rischia di farsi ingombrante in tempo di crisi energetica.

La Cina è sempre stata ai vertici del mining internazionale, occupandone una quota dominante ormai da anni. Il blocco è stato repentino e radicale, senza lasciar spazio a ripensamenti: lo spostamento verso gli USA racconta quindi di una nuova leadership che difficilmente sarà scalzata negli anni a venire, con gli Stati Uniti che si candidano dunque a essere il nuovo centro di potere internazionale per il mondo delle criptovalute. Questo, almeno, dal punto di vista tecnico: toccherà ora a politica e finanza capire quanto favorire o ostacolare questo tipo di dinamica.

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Pubblicato il
16 ott 2021
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