Il 17 febbraio 2022, l’Italia ha pubblicato le nuove regole antiriciclaggio (AML). Attualmente sono presenti sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana Anno 163°, Numero 40. In pratica, l’Italia ha stabilito i nuovi requisiti per le società di criptovalute che operano nel Paese. Queste regole erano state approvate a gennaio e sono in linea con la quinta direttiva AML dell’Unione Europea e le linee guida del Financial Action Task Force (FATF) per le società crittografiche, ma con una piccola aggiunta ad hoc.
L’Italia stabilisce le regole per le società di criptovalute
Con questo documento, l’Italia specifica quali sono le indicazioni guida richieste a una società di criptovalute per operare nel Paese. Non ci sono dubbi che le intenzioni del Governo sono quelle di regolare un settore in forte crescita. Le preoccupazioni, oltre a possibili evasioni fiscali, sono principalmente incentrate sul riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite.
Rispetto alle indicazioni contenute nelle linee guida Europee, l’Italia richiede anche un requisito in più. In pratica, la società di criptovalute che vuole avere libero accesso nel Paese deve rispettare l’Articolo 17-bis.
Questo articolo precede che qualsiasi VASP di un altro Paese, anche dell’Unione Europea, stabilisca una “stabile organizzazione in Italia” per potersi registrare ed essere approvato. Ecco come il rapporto dello Studio Legale Lexia Avvocati ha spiegato questo punto:
Di conseguenza, i VASP che sono incorporati in altri stati membri dell’UE dovranno creare una filiale o una filiale italiana per operare con i clienti italiani. I VASP stabiliti in paesi terzi dovranno incorporare una filiale italiana. [Inoltre] I VASP saranno soggetti a obblighi di rendicontazione trimestrale all’OAM sulle transazioni effettuate dai loro clienti e dovranno rispettare i requisiti antiriciclaggio italiani.
Insomma, anche in Italia cambiano le regole e sembra che, secondo diverti esperti del settore, si stia applicando una stretta nei confronti delle criptovalute. Caso vuole che qualsiasi società operante nel Paese, in qualità di fornitore di servizi di risorse virtuali, deve avere una “stabile organizzazione in Italia“. Tale provvedimento devia non di poco dalle richieste nelle nuove regolamentazioni applicate dall’Unione Europea.