Bitcoin, criptovalute e tasse: dichiarazione dei redditi, fisco e modulistica

Bitcoin e criptovalute, sono tassate? Tutto quello che c'è da sapere

Ecco come si configurano gli investimenti in criptovaluta dal punto di vista del Fisco: come si calcolano le plusvalenze, quanto è la tassazione, come fare.
Bitcoin e criptovalute, sono tassate? Tutto quello che c'è da sapere
Ecco come si configurano gli investimenti in criptovaluta dal punto di vista del Fisco: come si calcolano le plusvalenze, quanto è la tassazione, come fare.

Quando si investe in criptovalute e si cerca chiaramente un vantaggio economico da questa azione, occorre avere anche piena consapevolezza del fatto che si sta operando all’interno di un regime completamente previsto dalle normative fiscali. In poche parole: ad ogni lucro corrisponde una tassazione e ad ogni operazione corrispondono specifici obblighi di trasparenza nei confronti del Fisco. Sebbene le criptovalute siano una novità sostanziale per il mondo mainstream, l’Agenzia delle Entrate osserva da tempo questo tipo di asset e con una serie di sentenze si è arrivati ad una definizione che rende oggi ogni operazione in Bitcoin e affini pienamente contemplata dalle normative.

Nessuna zona grigia, insomma: è sufficiente conoscere le basi per potersi mettere in regola con il Fisco in poche semplici mosse.

Bitcoin, criptovalute e tasse

Per approfondire il tema abbiamo cercato la collaborazione del team Cryptosmart, il quale ha interpellato il commercialista Fabio Pauselli, partner dello Studio Futura Business Advisory. Il nostro obiettivo è quello di fornire una cornice semplice ed essenziale per comprendere in che forma vada collocato l’investimento in criptovalute e come il tutto sia oggi considerato dal punto di vista del Fisco.

La criptovalute sono tassabili?

Il punto fermo dal quale partire per comprendere come l’Agenzia delle Entrate interpreti gli investimenti in valuta virtuale, consta nel fatto che questi tipi di asset sono di fatto equiparati alle valute estere. Ciò implica che la tassazione vada commisurata esclusivamente alla plusvalenza creata nel proprio investimento, purché la movimentazione sia tale da rendere necessaria questa operazione.

L’Agenzia delle Entrate le ha ricondotte nell’ambito dei redditi diversi scaturenti dalla compravendita di valute tradizionali, interpretazione non scevra di ampie e condivisibili critiche in dottrina, visto che la stessa BCE più volte ha ribadito la necessità di non qualificarle come valute né, tanto meno, come mezzi di pagamento ritenendo più appropriato inquadrarle come mezzi di scambio. Ad ogni modo resta il fatto che, ad oggi, l’interpretazione ufficiale dell’Agenzia delle Entrate circa l’assimilabilità delle valute virtuali alle valute tradizionali permane ed è stata più volte confermata in diversi documenti di prassi.

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Esiste tuttavia una soglia fondamentale sotto la quale valgono considerazioni differenti:

In particolare è prevista la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di cripto valute quando la giacenza in valuta di tutti i miei depositi, virtuali e non, complessivamente intrattenuti nell’anno di riferimento sia superiore a euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continuativi nel periodo d’imposta. Tale controvalore in euro va calcolato al tasso di cambio all’inizio del periodo in cui la plusvalenza/minusvalenza è stata realizzata e cioè al 1° gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione.

Cosa succede al superamento di questa soglia?

Al dott. Pauselli abbiamo chiesto un esempio concreto, così da poter “toccare con mano” un caso specifico che ognuno potrà commisurare alla propria singola situazione.

Considera di aver acquistato a luglio del 2021 l’equivalente di 60.000 € di Litecoin e di non aver fatto più nessuna operazione fino al 31 dicembre. Ora penserai: ho superato la fatidica soglia dei 51.000, che succede? Niente! Innanzitutto dobbiamo verificare se la soglia è superata applicando il cambio al 1° gennaio 2021 e non quello della data di acquisto e come vediamo nell’esempio 533 LTC al 1° gennaio erano circa 55.000 €, pertanto la soglia è superata. Ad ogni modo non dovrai fare nulla perché non avresti nessun presupposto impositivo. Infatti si tassa l’eventuale plusvalenza che si genera in caso di vendita della cripto (e tu non hai fatto nessuna vendita) e/o di prelievo della stessa (e tu non hai fatto alcun prelievo). Pertanto, in questo caso, in entrambe le ipotesi, non devi fare nulla.

Ora invece immaginiamo che a luglio del 2021 fai un acquisto di 345.921 Dogecoin per un equivalente di 60.000 Euro. Il 26 agosto 2021 decidi di venderle, incassando circa 80.000 Euro. Non detieni altre valute virtuali e fino alla fine dell’anno decidi di non compiere nessun’altra operazione. In questo caso il presupposto impositivo c’è, perché hai acquisto e rivenduto delle criptovalute. Ma siamo sicuri che questa plusvalenza sia tassabile? Andiamo a verificare le condizioni. I 7 giorni lavorativi continuativi ci sarebbero perché tra l’acquisto e la vendita è trascorso circa un mese ma non abbiamo superato la soglia dei 51.645 €: infatti, calcolando i 345.921 Dogecoin con il cambio del 1° gennaio 2021, avremmo avuto circa 22.000 Euro. Pertanto la plusvalenza di 20.000 Euro sarà esente da tassazione non essendosi verificati tutti i presupposti previsti per l’imposizione. È chiaro che se nel nostro wallet avessimo avuto sia l’acquisto dei Litecoin che dei Dogecoin, la soglia dei 51.000 € sarebbe stata complessivamente superata e, quindi, la plusvalenza dei 20.000 € avrebbe subito la tassazione al 26%.

Bitcoin

Che implicazioni potrà avere il decreto del MEF che impone agli exchange la comunicazione di tutti i dati delle cripto possedute dai propri clienti all’OAM?

OAM sta per Organismo Agenti e Mediatori: è questo l’elenco al quale dovranno iscriversi gli exchange operativi sul territorio italiano e, in assenza di questa regolarizzazione, non sarà possibile proseguire nelle attività. Ma quali sono le conseguenze di questa novità sul mercato delle criptovalute nel nostro Paese?

Di fatto il decreto era prevedibile, per regolamentare un’attività che, ad oggi, non lo era e, soprattutto, alla luce delle evidenti ed immani criticità che le cripto hanno sotto il profilo dei rischi di riciclaggio. Il decreto, in sostanza, equipara gli exchange virtuali ai classici cambia valute e per questo dovranno periodicamente inviare all’organismo degli agenti finanziari e mediatori una rendicontazione contenente i dati identificativi della clientela e i dati sintetici della loro operatività complessiva in cripto. Si dibatte molto sul concetto di censimento, su chissà quali ripercussioni possa avere questa novità sui clienti. Indubbiamente le informazioni che gli exchange invieranno saranno dettagliate e molteplici ma non dimentichiamoci che, ad oggi, per le persone fisiche residenti e titolari di cripto, già vige l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate, tramite il quadro RW della dichiarazione dei redditi, i dati e le consistenze dei propri wallet.

OAM - Organismo Agenti e Mediatori

Se da più parti si contesta un mercato eccessivamente scarno di controlli istituzionali, non è questo il caso perché l’OAM interviene proprio per consolidare gli attori di mercato e poter gestire al meglio l’ambito degli investimenti crypto. Ma con quali impatti concreti?

Le maggiori novità, a mio avviso, riguarderanno gli exchange che forniscono servizi di valute virtuali, per i quali, la mancata iscrizione all’OAM, comporterà l’impossibilità di poter continuare a svolgere le loro attività sul territorio nazionale, ritenendosi tale iscrizione titolo autorizzativo. Il problema maggiore lo avranno gli exchange esteri che operano esclusivamente online con sedi estere: infatti, considerato che per iscriversi al registro OAM è richiesta la presenza fisica sul territorio (sede legale, amministrativo o stabile organizzazione) è evidente come tale novità avrà degli impatti notevoli in termini di scelte di fiscalità internazionale e, conseguentemente, anche in termini di offerta commerciale.

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Pubblicato il
18 feb 2022
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