La crisi dei chip va avanti da circa due anni a questa parte, con conseguenze ben visibili sul mercato. Per fare qualche esempio, basti pensare alle difficoltà nel reperire PS5 e al fatto che Acer ha sacrificato la sua linea di PC per il gaming. La già difficile situazione rischia tuttavia di degenerare ulteriormente e velocemente a causa del conflitto tra Russia e Ucraina.
Crisi dei chip: Ingas e Cryoin hanno interrotto le attività per la guerra
Infatti, i due principali fornitori di neon al mondo, Ingas e Cryoin, si trovano in Ucraina e il neon, unitamente al palladio, è un elemento fondamentale per la realizzazione dei semiconduttori. Entrambi i fornitori hanno interrotto la propria attività a causa degli attacchi russi. Lo stop è particolarmente pesante e com’era già stato genericamente preventivato potrebbe ovviamente avere forti conseguenze sul mercato dei chip e, dunque, sulla crisi che era già in atto.
Nel dettaglio, prima dell’invasione russa, Ingas, con sede a Mariupol, produceva dai 15.000 ai 20.000 metri cubi di neon al mese per i clienti di Taiwan, Corea, Cina, Stati Uniti e Germania, di cui circa il 75% destinato all’industria dei chip. Croyn, avente sede a Odessa, produceva invece da 10.000 a 15.000 metri cubi di neon al mese.
Larissa Bondarenko, direttore dello sviluppo aziendale di Croyn, ha affermato che la società a marzo non sarà in grado di evadere ordini per 13.000 metri cubi di neon a meno che gli attacchi non cesseranno, aggiungendo inoltre che qualora le apparecchiature venissero danneggiate sarà ancora più complicato far ripartire le operazioni, senza contare le inevitabili difficoltà nel reperire le materie prime indispensabili per la purificazione del neon.
Le più grandi ripercussioni potrebbero però verificarsi non tanto sui colossi del settore, che dispongono di maggiore potere d’acquisto e di maggiori scorte, quanto sulle aziende più piccole. A tutto questo occorre altresì sommare che qualora il neon continuasse ad aumentare di prezzo (che è già incrementato del 500% da dicembre scorso) le aziende potrebbero non essere disposte ad investire altrove qualora la crisi fosse ritenuta provvisoria.