Chi per Natale non è riuscito a mettere una PS5 sotto l’albero o quest’anno ha faticato a trovare quella scheda video tanto desiderata non può che puntare il dito contro quel fenomeno ormai universalmente identificato come crisi dei chip, innescato nel 2020 in seguito all’esplosione della pandemia e purtroppo destinato a farsi sentire ancora per lungo tempo. Quanto? Facciamo riferimento ad alcune previsioni formulate da fonti autorevoli.
La crisi dei chip non finirà nel 2022
La prima è quella dell’analista Glenn O’Donnell di Forrester Analytics che non intravede alcuna via d’uscita all’orizzonte: sarà così almeno fino al 2023 inoltrato, nonostante gli sforzi messi in campo dai protagonisti di un settore, quello dei chipmaker, alle prese con una domanda del mercato che al momento non sono in grado di soddisfare. Stessa tempistica indicata da Pat Gelsinger e Jensen Huang: non due qualunque, ma rispettivamente il nuovo CEO di Intel e il numero uno di NVIDIA.
La corsa alla realizzazione di nuove fabbriche darà i suoi frutti, ma non a stretto giro. A tal proposito, a breve dovrebbe giungere l’annuncio da parte del gruppo di Santa Clara relativo alla costruzione di un impianto nel nostro paese, con tutta probabilità situato in Sicilia.
Ad avvertire le conseguenze della crisi dei chip è anche l’industria automotive, con i produttori (Opel e Audi solo per fare due esempi) che in più occasioni si sono già visti costretti a rallentare o addirittura fermare le catene di assemblaggio, talvolta posticipando o cancellando il lancio di nuovi modelli oppure intervenendo su quelli già in commercio sostituendo o eliminando alcune funzionalità, in particolare quelle legate ai sistemi di infotainment.
Per quanto riguarda invece le schede video, il fenomeno è stato avvertito ancor di più per via della corsa all’accaparramento degli hardware da parte di coloro impegnati nel mining delle criptovalute, attività che ha fatto registrare una forte impennata dall’inizio del 2021 in poi, in concomitanza con il repentino aumento dei prezzi associati ad asset come Bitcoin o Ethereum.
Il possibile ritorno all’adozione su larga scala di smart working e didattica a distanza, conseguente all’apertura di una nuova fase della pandemia caratterizzata dalla diffusione sempre più capillare della variante Omicron, potrebbe inasprire ulteriormente la situazione. Insomma, non ne usciremo a breve.