Il crowdfunding , il finanziamento collettivo spesso mediato dalla rete, potrebbe presto finire al centro di uno scontro combattuto a colpi di proprietà intellettuale: un brevetto che potrebbe minarne la concorrenza alle fondamenta.
L’origine della discordia è il brevetto numero 7,885,887 , depositato già nel 2003, ma ottenuto solo ora da Brian Camelio, CEO di ArtistShare, una delle prime forme di crowdfunding con particolare attenzione al mondo della musica. In esso viene rivendicato un “Metodo e apparato per il finanziamento e il marketing di un lavoro artistico”.
Il titolo si riferisce decisamente non al classico brevetto software, ma ad un argomento altrettanto ostico per la proprietà intellettuale statunitense: la brevettabilità dei metodi commerciali , che al pari dei programmi per computer hanno il problema di afferire a metodi sostanzialmente astratti e solitamente generici.
Dal momento che il caso Bilski v. Kappos non ha risolto la questione rimandando al legislatore la necessità di una riforma, resta il problema per il settore: Camelio ha già trasferito il brevetto ad un altro soggetto presumibilmente incaricato di rivalersi nei confronti dei concorrenti diretti, Fan Funded, e tramite di esso ha inviato un paio di lettere ad una delle piattaforma di crowdfunding più popolari al momento, Kickstarter , con la richiesta di sottoscrivere un accordo di licenza .
Per tutta risposta Kickstarter ha presentato ad un giudice una richiesta di sentenza che stabilisca l’invalidità del brevetto ‘887 o, in alternativa, la non violazione da parte del suo servizio .
Claudio Tamburrino