La Commissione Europea sta cercando di studiare da vicino il sistema del crowdfunding e sembra orientata a considerare la possibilità di tassarlo attraverso l’imposizione dell’IVA ai premi riconosciuti a coloro che hanno donato nella fase di raccolta fondi.
Pur riconoscendo che il crowdfunding è ancora in Europa ai suoi primi stadi di sviluppo, e pur riconoscendone i benefici soprattutto per startup e piccoli progetti di impresa e come strumento alternativo alla finanza delle banche e dei venture capitalist, l’UE non trascura i possibili rischi connaturati con il suo sviluppo ed ha per questo chiesto alle sue commissioni uno studio sulla materia.
In particolare è la Commissione IVA a suggerire la possibilità di intervenire con strumenti fiscali sul crowdfunding .
Nel documento di lavoro , riassunto dal Financial Times ma liberamente accessibile online, si legge così la volontà di approfondire la possibilità di far interessare dalla tassazione IVA il meccanismo di funzionamento del crowdfunding, ed in particolare il sistema dei premi : mentre le donazioni minori sono basate sulla generosità del donatore, infatti, le raccolte fondi online hanno sempre anche un sistema di premi con cui cercano di attirare quote di donazioni maggiori riconoscendo loro le prime copie dei prodotti, versioni esclusive e così via, con un valore crescente in proporzione con la donazione.
Su tale valore intrinseco la Commissione vorrebbe ora imporre l’IVA, nel nome della parità concorrenziale. Se la proposta diventerà in qualche modo legge, le aziende che cercano di raccogliere fondi sulle piattaforme online come Kickstarter finirebbero col dover far pagare anche il 23 per cento di tassa sui loro “premi” assegnati ai sostenitori.
Inoltre, sembra che l’attuale normativa preveda già la tassazione dei progetti di crowdfunding legati a beni digitali come ebook o film: l’IVA qui dovrebbe essere già arrivata attraverso lo strumento che prevede il pagamento della tassa di riferimento del paese in cui viene venduto il bene.
Tale ipotesi di nuova tassazione, tuttavia, ha sollevato immediatamente le critiche di osservatori ed analisti di settore. In particolare, data la dimensione ridotta delle imprese che si orientano verso il crowdfunding e le cifre obiettivo della raccolta fondi, il peso amministrativo (e finanziario) dell’IVA potrebbe da solo spingere i possibili interessati a rinunciare a tentare di avviare un’impresa o lanciare un prodotto attraverso le raccolte fondi.
La Commissione sembra dimenticare che tale sistema – pur essendo comunque meno utizzato in Europa rispetto agli Stati Uniti – ha permesso solo nel Regno Unito alle aziende di raccogliere più di 26 milioni di sterline. Anche dal punto di vista di prospettiva fiscale, quindi, la normativa potrebbe essere deleteria: scoraggiare la libera iniziativa ed i piccoli progetti lanciati online attraverso questo strumento minerebbe i possibili futuri introiti generati dalle tasse delle eventuali nuove realtà economiche.
Claudio Tamburrino