CrunchPad, il prodotto immaginato e ideato da Michael Arrington e che aveva creato tante aspettative, non arriverà mai sul mercato. E a sancirne la fine non sarebbero stati i motivi anticipati (prezzi in continua levitazione e continui rinvii), ma una totale mancanza di chiarezza fra i soci. E l’inizio di una battaglia legale che si preannuncia feroce sulla proprietà intellettuale.
Sembra addirittura che l’apparecchio dovesse essere presentato ufficialmente il 20 novembre. Ma a pochi giorni dall’esordio l’imprevisto: TechCrunch e Fusion Garage, partner nel progetto, sembrano litigare irrimediabilmente facendo precipitare la situazione e segnando la fine del prodotto che doveva permettere di accedere a Internet comodamente seduti sul divano.
A divulgare la sua versione della vicenda, per il momento, solo Michael Arrington, che dalle pagine di TechCrunch si definisce “arrabbiato, imbarazzato e… semplicemente triste”.
L’inizio della fine sarebbe stata una mail di Chandra Rathakrishnan, CEO di Fusion Garage, a Arrington, in cui affermava che gli investitori di Fusion Garage avrebbero deciso di andare avanti da soli e che Arrington e la sua squadra non facevano più parte del progetto. Se non avesse, il fondatore di TechCrunch, voluto rimanere in qualità di “visionario/evangelista/capo del marketing”. Naturalmente si sarebbero impegnati in ogni caso a comprare i diritti sul nome, anche se, affermano da Fusion Garage, non sarebbe “così importante”. Lo farebbero solo perché Arrington “gli sembra così affezionato”.
Il problema è che, secondo quanto si legge nel post, le due società avrebbero costantemente collaborato nel progetto, partecipando congiuntamente allo sviluppo . “Possediamo congiuntamente la proprietà intellettuale sul prodotto e io posseggo autonomamente il marchio CrunchPad”.
Sarebbe dunque impossibile per Fusion Garage procedere alla produzione e alla vendita senza un accordo con Arrington.
Lo scambio di email è quindi proseguito con Chandra che si lamentava del mancato arrivo di una controfferta da parte di TechCrunch, e Arrington che spiegava che in effetti non ve ne erano perché la loro “offerta” rappresenterebbe solo “un furto d proprietà intellettuale”.
Insomma, battaglie legali all’orizzonte che prometto di seppellire il prodotto che tanto aveva fatto parlare, promettendo di coniugare mobilità, Internet, facilità di utilizzo e prezzi contenuti.
La questione poi ha scatenato una ridda di commenti, che si dividono pro e contro Crunchpad in sé (e forse anche pro e contro il suo ideatore, Michael Arrington): se fosse effettivamente un’opzione possibile capace di conquistare il mercato e affossata solo dal litigio tra i partner, o se questa sia solo una scusa, o la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, di un prodotto segnato da mille problemi e ancora lontano dall’arrivare al pubblico. Un prodotto che, a scatola chiusa, si era già meritato il titolo di gadget dell’anno secondo la celebre rivista Popular Mechanics : che, a questo punto, si ritrova con un premio assegnato a un oggetto che non esiste.
Claudio Tamburrino </EM