La crescente domanda di criptovalute e l’uso sempre maggiore di soluzioni basate sulla blockchain ha evidenziato la necessità di risolvere un problema piuttosto critico, ovvero l’eccessivo consumo di energia che ha conseguenze negative sull’ambiente. Per questo motivo Energy Web, Alliance for Innovative Regulation e RMI hanno annunciato il Crypto Climate Accord. L’obiettivo è utilizzare esclusivamente fonti di energia rinnovabile, ottenendo la decarbonizzazione dell’intera industria.
Bitcoin con energia pulita: ossimoro o realtà?
Il Bitcoin è sicuramente quella più nota (il suo valore ha ormai raggiunto numeri stellari), ma ci sono tante altre monete digitali che vengono utilizzate quotidianamente per ogni tipo di transazione. Per effettuare il cosiddetto mining delle criptovalute sono necessarie centinaia o migliaia di macchine specializzate, principalmente composte da FPGA e ASIC, che consumano un’enorme quantità di energia.
Per fare un esempio, una singola transazione in Bitcoin consuma oltre 883 kWh e possiede un’impronta di carbonio annuale di oltre 45 milioni di tonnellate equivalenti di CO2, pari a quella di Hong Kong. La maggior parte dell’energia necessaria proviene da fonti fossili, quindi l’uso massiccio di criptovalute e soluzioni basate sulla blockchain ha un impatto notevole sui cambiamenti climatici.
L’obiettivo delle aziende che sostengono il Crypto Climate Accord è passare gradualmente alle fonti rinnovabili, in modo da raggiungere il 100% entro il 2025 e le emissioni “net-zero” entro il 2040. Si tratta chiaramente di obiettivi piuttosto ambiziosi, considerato che l’intera industria crypto consuma oltre 150 TWh (150 milioni di kWh) di elettricità, più di Polonia, Norvegia o Svezia.