Esisteva un Twitter anti-regime cubano: a crearlo – neanche fossero gli anni sessanta, con l’Isola caraibica avamposto russo nella Guerra Fredda – era stato il Governo degli Stati Uniti, che però ha interrotto i finanziamenti per il progetto nel 2011.
Si chiama ZunZuneo (nome in cubano del cinguettio del colibrì) e tecnicamente si tratta di una versione personalizzata di Twitter, basata sull’invio di SMS per superare le restrizioni ed il controllo delle comunicazioni su Internet a Cuba e destinata a raccogliere (e veicolare) il dissenso contro il governo locale .
È il frutto di una collaborazione avviata nel 2009 e conclusasi nel luglio del 2010 sotto l’egida dell’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID), un ente conosciuto per stanziamenti miliardari in progetti di aiuto umanitario.
A coordinare le operazioni destinate a tenere la piattaforma nascosta agli occhi delle autorità cubane, il funzionario del Governo degli Stati Uniti Joe McSpedon che – attraverso conti risalenti alle Isole Cayman – ha raccolto collaboratori provenienti da Costa Rica, Nicaragua, e dagli States.
Secondo i dettagliati documenti ottenuti da Associated Press il progetto era quello di avviare la piattaforma inizialmente ospitando contenuti “non controversi” (quelli – insomma – che possono investire dibattiti sul calcio o la musica) per poi introdurre, una volta che il servizio avesse ottenuto una massa di utenti considerevole (centinaia di migliaia), contenuti politici destinati ad “ispirare i cubani” all’organizzazione di un vero e proprio movimento civile anti-regime.
Washington, però, ha chiuso i rubinetti del progetto: mentre Twitter diventava protagonista della Primavera Araba, ZunZuneo cresceva fin troppo velocemente, creando un problema di sostenibilità economica. Con 40mila utenti non vi era un piano finanziario sostenibile , la pubblicità in un paese come Cuba era oggettivamente inadatta a sostenere lo sforzo e il Governo USA non era pronto a sobbarcarselo.
La scena politica statunitense, d’altronde, era divisa tra chi – come il sottocomitato del Senato al budget di USAID (che dice in particolare che “un’operazione sotto copertura per assecondare un cambio di regime, assumendo che abbia un qualche tipo di effetto concreto, è una cosa che non dovrebbe essere pagata attraverso lo USAID”) – ha criticato l’intera operazione, chi – come il presidente della Commissione del Senato degli Stati Uniti per le relazioni estere – ne aveva apprezzato il progetto e chi – come il portavoce della Casa Bianca Jay Carney – nega ora che si sia trattata di un’operazione segreta.
Che i social media abbiano conquistato un ruolo fondamentale all’interno della vita politica delle nazioni è ormai evidente non solo dall’utilizzo che ne fanno gli utenti, ma dalla paura che mostrano i Governi più autoritari: la Turchia e la decisione del Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan di bandire dal paese Twitter ne è solo l’ ultimo esempio .
In Turchia, peraltro, al momento sembra “bastare” l’intervento dell’autorità giudiziale per ristabilire la situazione: dopo la decisione di un tribunale di Ankara che ha ordinato la sospensione dei filtri decisi dal potere esecutivo, la Corte Costituzionale turca ha stabilito l’illegittimità della misura ordinando il ripristino del servizio .
Claudio Tamburrino