Corte di Giustizia UE: in difesa della Net Neutrality

Corte di Giustizia UE: in difesa della Net Neutrality

La Corte di Giustizia UE ha rigettato un ricordo nel quale pendeva il giudizio su una formulazione di abbonamento telco che incrinava la Net Neutrality.
Corte di Giustizia UE: in difesa della Net Neutrality
La Corte di Giustizia UE ha rigettato un ricordo nel quale pendeva il giudizio su una formulazione di abbonamento telco che incrinava la Net Neutrality.

Il caso è “Telenor Magyarország Zrt. contro Nemzeti Média- és Hírközlési Hatóság Elnöke”, ma i nomi contano poco perché l’impatto è per sua natura europeo. La sentenza è infatti quella pronunciata dalla Corte di Giustizia Europea e mette un punto fisso nella giurisprudenza del vecchio continente in tema di Net Neutrality.

Il principio stabilito è infatti chiaro: qualsiasi provider che gestisce il traffico di alcune applicazioni attraverso canali esclusivi, benché il tutto possa andare teoricamente a vantaggio dell’utente, sta violando quelle che sono le prescrizioni in tema di Net Neutrality. Nella fattispecie Telenor aveva impugnato le decisioni dell’Ufficio nazionale dei media e delle comunicazioni dell’Ungheria, secondo cui non è lecito fornire abbonamenti nei quali alcune app sono escluse dal conteggio totale del traffico consumato e, a traffico esaurito, possono restare accessibili mentre altre app vengono limitate.

La CURIA non ha avuto dubbi in merito e con grande chiarezza ha rigettato l’appello, dando ragione all’autorità ungherese.

Corte UE: così si difende la Net Neutrality

Per meglio comprendere il caso specifico ed utilizzarlo come esempio per comprendere la questione generale, questa è la descrizione del servizio “MyChat” che, al pari dell’omologo “MyMusic”, veniva fornito:

«MyChat» è un pacchetto che consente ai clienti che lo sottoscrivono, in primo luogo, di acquistare un volume di dati di un gigabit e di utilizzarlo senza restrizioni fino al suo esaurimento, accedendo liberamente alle applicazioni e ai servizi disponibili, senza che da tale volume sia detratto l’utilizzo di sei applicazioni specifiche di comunicazione on-line, vale a dire Facebook, Facebook Messenger, Instagram, Twitter, Viber e Whatsapp, soggette a una tariffa denominata «tariffa zero». In secondo luogo, tale pacchetto prevede che, una volta esaurito il suddetto volume di dati, i clienti che lo sottoscrivono possano continuare ad utilizzare senza restrizioni tali sei applicazioni specifiche, mentre alle altre applicazioni e servizi disponibili sono applicate misure di rallentamento del traffico

La CURIA ricorda che ogni operatore ha la possibilità di usare “misure di gestione ragionevole del traffico“, purché tale ragionevolezza non sia dettata da accordi commerciali, quanto bensì da logiche “trasparenti, non discriminatorie e proporzionate“. Inoltre tali provvedimenti “non devono bloccare, rallentare, alterare, limitare, interferire con, degradare o discriminare tra applicazioni, categorie di applicazioni, servizi o specifiche categorie di servizi, salvo che ciò non sia necessario“.

La Corte ha voluto pertanto anzitutto salvaguardare il principio fondamentale della Net Neutrality, difendendola da un attacco fatto di accordi commerciali che tentavano di aggirarne il presidio. Formule di abbonamento che discriminano talune app e taluni servizi rispetto ad altri, quindi, “risultano basate non su requisiti di qualità tecnica del servizio obiettivamente diversi di specifiche categorie di traffico, ma su considerazioni di ordine commerciale“. E vanno pertanto rigettate.

Fonte: CURIA
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Pubblicato il
16 set 2020
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