Quello tra i4i e Microsoft doveva essere un piccolo caso di infrazione di brevetti, e invece si è trasformato in una battaglia per la riforma dell’intero sistema di gestione delle proprietà intellettuali negli USA. Ma i4i e i suoi supporter non hanno alcuna intenzione di accettare tale “riforma” , perché – dicono – gli effetti sul lavoro e il progresso tecnologico sarebbero devastanti.
Con Microsoft e la sua richiesta di ridefinire le regole legali attraverso cui si giudica l’importanza delle prove nei processi si sono già schierati un buon numero di protagonisti dell’IT statunitense e non, colossi del calibro di Google, Red Hat, Dell ma anche le associazioni che si battono per i diritti digitali Electronic Frontier Foundation e Public Knowledge.
Altrettanto corposa e “pesante” risulta la parte che ha preso le difese delle argomentazioni di i4i , con la software house che conteggia a 22 il numero di “amicus brief” di supporto depositati e in attesa di valutazione presso la Corte Suprema.
Si schierano a favore di i4i il governo statunitense e i capitalisti di ventura , concordi nel difendere a spada tratta lo “scudo” legale costruito attorno ai brevetti registrati presso l’USPTO e nell’evocare – in caso di riforma del suddetto scudo – un’emorragia biblica di posti di lavoro, danni commerciali senza precedenti, una svalutazione dei portafogli di proprietà intellettuali e persino un danneggiamento sostanziale di quella che viene definita “difesa militare” del suolo nordamericano.
Alfonso Maruccia