Dopo i numeri e le stime pubblicate da Symantec , anche McAfee dice la sua sulle tendenze complessive del fenomeno del cyber-crime, un fenomeno che nel 2008 sarebbe costato alle aziende, complessivamente, qualcosa come un milione di milioni di dollari in tutto il mondo contando le perdite in proprietà intellettuale e le operazioni di ripristino e “riparazione” dei danni subiti.
Il rapporto di McAfee si chiama Unsecured Economies: Protecting Vital Information , e la security company sceglie il World Economic Forum di Davos per presentare ai grandi della terra un quadro sui rischi connessi a un’economia digitale che tutto può dirsi tranne che sicura.
Partendo dai dati raccolti da più di 800 CIO di aziende sparse negli USA, in Germania, Giappone, Regno Unito, Cina, India Brasile e Dubai, McAfee ha stimato che la perdita di dati sensibili costi 4,6 miliardi di dollari in totale , una cifra a cui bisogna poi aggiungere i 600 milioni spesi per ripristinare le adeguate condizioni di sicurezza dopo la breccia o il furto.
La recessione economica in corso, inoltre, non fa che aumentare i rischi: secondo il 42% dei CIO interpellati, uno dei maggiori pericoli in questo periodo è rappresentato proprio dai lavoratori in via di dismissione, per nulla contenti del benservito e disposti a “farla pagare” all’azienda che ha deciso di liberarsi così facilmente di loro.
Tra i dati più interessanti e curiosi messi insieme da McAfee, va citato il diverso trattamento della protezione della proprietà intellettuale tra i paesi più industrializzati e quelli emergenti, essendo questi ultimi più propensi a investire risorse nell’ enforcement rispetto ai primi.
In una sorta di guerra sotterranea della sicurezza tra Cina e Stati Uniti , infine, McAfee rivela che un quarto di tutti gli intervistati si tengono ben lontani dalla potenza asiatica quando si tratta di archiviare dati, mentre il 47% dei cinesi è convinto del fatto che gli USA rappresentino il maggior cyber-pericolo esistente.
Alfonso Maruccia