Nei prossimi giorni il presidente cinese Xi Jinping è atteso alla Casa Bianca per l’incontro con Barack Obama, un vertice ai massimi livelli che avrà tra i suoi punti nodali anche quello del cyber-warfare e degli attacchi informatici provenienti – a dire degli USA – da cracker alle dipendenze di Pechino. I colloqui sono in realtà già in corso da tempo, dicono le fonti, e un accordo verrà annunciato dai due presidenti.
L’accordo a cui stanno lavorando le diplomazie di Stati Uniti e Cina riguarderebbe la “non proliferazione” dei cyber-attacchi contro le infrastrutture critiche in tempo di pace, un vero e proprio patto pensato per mettere al sicuro centrali energetiche, sistemi di comunicazione e impianti industriali dipendenti dai sistemi informatici e dalle connessioni di rete.
Cina e USA si impegnerebbero insomma a tenere sotto controllo il cyber-warfare nella stessa maniera in cui Stati Uniti e Russia hanno in passato imposto la non proliferazione delle armi nucleari al resto del mondo, mentre gli attacchi telematici di altra natura (furto di proprietà intellettuale, spionaggio industriale ecc.) sarebbero esclusi dall’accordo.
Che qualcosa stia bollendo in pentola lo hanno capito anche gli esperti di sicurezza del settore privato, con il numero dei cyber-attacchi cinesi contro gli USA insolitamente ridotto in prossimità dell’arrivo di Xi Jinping a Washington.
Anche il volume della propaganda si è fatto in questi giorni più intenso, con la Cina che ha parlato di “interessi comuni” nella cooperazione per una Internet sicura e al contempo della necessità di difendere il proprio spazio telematico; Obama, da par suo, ha minacciato di passare all’attacco e di provocare un mucchio di problemi a un certo gruppo di paesi.
In definitiva il presidente americano non vuol vedere Internet trasformata in un’arma, mentre Pechino è impegnata in colloqui anche con le aziende IT americane per promuovere l’adozione di tutte le misure necessarie a collaborare con le autorità e a salvaguardare la sicurezza degli interessi cinesi: in questo caso la Cina arriva per ultima, visto che accordi simili sono in sostanza già imposti da USA, UK e altri paesi.
Alfonso Maruccia