Arrivano dalle parti opposte del mondo gli ultimi casi di cronaca di, per così dire, pirateria telematica . Il primo, in Venezuela, coinvolge un giovane cracker che firmava le proprie scorribande in rete con nick e numero telefonico . L’altro riguarda un giovane responsabile di aver diffuso falsi allarmi subito dopo gli attentati alla metropolitana di Londra di quasi due anni or sono. Pesanti, per entrambi i responsabili, le conseguenze, che prevedono multe salate e diversi anni di prigione .
J41ber , questo il nick del diciassettenne incursore nei meandri del network di stato dell’amministrazione del discusso presidente venezuelano Hugo Chavez, è ritenuto responsabile della modifica abusiva di 23 siti web , inclusi quelli dell’ufficio del vice-presidente, della Guardia Nazionale e della polizia investigativa. A riferirlo è Oswaldo Guevara, a capo dei cybercop venezuelani.
Il modus operandi di J41ber, ora agli arresti, prevedeva l’aggiunta del suo nick alle pagine colpite, oltre al numero telefonico di casa e di fotomontaggi raffiguranti Chavez stesso e il suo alleato politico Fidel Castro. Una evidente bravata, che il ragazzo, residente in una zona povera del paese, ha forse condotto con la speranza di essere assunto da uno degli operatori “bucati” con le sue iniziative.
Guevara, al contrario, crede che il giovane (che stava partecipando ad un corso introduttivo di scienza informatiche) avesse intenti malevoli: oltre ai fotomontaggi di Chavez sussisterebbe l’evidenza dello shut down forzato a cui J41ber avrebbe costretto il sistema informatico dell’ufficio di immigrazione , con la sospensione del servizio per 24 ore. L’ufficiale ci tiene comunque a precisare che il pirata non è stato in grado di accedere a dati sensibili, né a provocare danni permanenti ai sistemi.
Piuttosto interessante il fatto che J41ber sia solo il secondo caso in cui un cracker viene arrestato in Venezuela, con il primo risalente al lontano 2003: in quell’occasione l’incursione aveva interessato un sito web di una società privata.
Arriva da Singapore invece un altro caso di “mano dura” per attività telematiche. Si parla di una infelice burla finita malissimo per il suo ideatore: Lin Zhenghuang, 21 anni, aveva diffuso un messaggio falso che parlava di una bomba presente in una stazione locale degli autobus nel luglio del 2005, poco dopo i terribili attentati terroristici alla metropolitana di Londra .
Lin, in arte krisurf , era solito connettersi alla rete sfruttando illegalmente le connessioni wireless , tipo di incursione continuato anche dopo l’episodio della diffusione della sua hoax , spedita in giro almeno 60 volte.
Pesante l’addebito: per la bufala Lin rischia fino a sette anni di prigione e 26mila euro di multa, mentre le 60 penetrazioni non autorizzate potrebbero costargli fino a 3 anni e 5.000 euro ciascuna . Anche in questa occasione, come per il caso sudamericano, è il secondo pirata locale perseguito per crimini informatici dopo il caso di un teenager nel novembre del 2005. Lin tenterà di patteggiare e ridurre la pena.
Alfonso Maruccia