Cydia, il mercato nero alternativo per melafonini jailbreakati, ha annunciato il prossimo sbarco anche sui Mac.
A dirlo Jay Freeman, conosciuto meglio con il nick Saurik, mente del Cydia App Store: in vista dell’esordio ( rinviato a fine di gennaio ) dell’ufficiale Mac App Store, il suo store alternativo già esistente per iPhone crackati esordirà con una versione per Mac OS X già nelle prossime settimane, e dovrebbe chiamarsi (ma nulla di confermato c’è al riguardo) Mac Cydia.
Mac App Store dovrebbe costituire una sorta di web store che raccoglie applicazioni per i PC con la Mela . Non dovrebbe tuttavia, almeno inizialmente, permettere agli sviluppatori di offrire demo e versioni beta, e non saranno supportati per il momento né GameCenter né gli acquisti effettuabili direttamente dall’interno di un’applicazione: taglia così l’accesso al negozio digitale di tutti quei contenuti freemium che fanno della diffusione di una versione demo (o rallentata da pubblicità) un modo per convincere gli utenti all’acquisto della versione premium, formula che costituisce un modello commerciale consolidato per le app iOS.
Tutto questo sembra lasciare un iniziale spazio di manovra a Cydia . Sui suoi scaffali digitali non vi sono, d’altronde, applicazioni pirata o crackate, ma quelle app open source o in ogni caso non benvenute sullo store digitale controllato strettamente da Cupertino: un’offerta di circa 30mila applicazioni (alcune a pagamento, altre gratuite) che ha attirato, dice Saurik, già il 10 per cento degli utenti iPhone.
Mentre, dunque, le API per l’individuazione di eventuali jailbreak nei melafonini sembrano sparite con l’aggiornamento iOS 4.2.1 , il negozio per applicazioni non approvate da Cupertino, al momento a disposizione dei device mobile sbloccati, sbarcherà anche su Mac OS, di cui dice voler “scatenare le potenzialità”.
Oltre a sfruttare quelle mancanze che sembrano più dettate dalla volontà di accelerare i tempi di rilascio dello store che da una scelta definitiva, Cydia rappresenta da un lato la critica nei confronti del modello chiuso di Apple, dall’altro mostra la fiducia in un modello app centrico seguito non solo da Apple ma anche da altri osservatori e aziende. Il web che diventa app, d’altronde, è stato già analizzato da Chris Anderson e in parte perseguito dall’idea di browser OS di Google.
Claudio Tamburrino