Roma – Con una nota, Telecom Italia ha confermato che da ieri sono attive le nuove tariffazioni annunciate nelle scorse settimane. Al centro l’aumento del canone di 1200 lire e il “prezzo distrettuale”, formula che pone in un unico quadro tariffario le telefonate non urbane, nelle quali il prefisso del chiamato sia uguale a quello di chi chiama.
Nella sua nota Telecom si allunga fino a sostenere che questo consentirà un risparmio anche 70 per cento “su questo tipo di chiamate”. Percentuale peraltro difficile da sostenere visto che fino a ieri le chiamate non urbane erano divise in diverse tipologie. Non è chiaro dunque a quale “tipo di chiamate” Telecom si riferisca.
Ma la “vera novità” risiede nell’introduzione della TAT, la tariffa a tempo, secondo la quale il costo di ogni chiamata sarà determinato dall’effettivo tempo di comunicazione, come già avviene per alcune compagnie concorrenti di Telecom. A questo costo si aggiunge il “call set up”, un sistema, sostengono alla Telecom, pensato per “assicurare ai clienti una bolletta calcolata interamente a tempo”.
Una novità che, secondo Telecom, favorirà internet è una diminuzione della tariffa dopo i primi 15 minuti di conversazione. Il fatto che la stragrande maggioranza delle connessioni alla rete durino meno, spesso effettuate per la sola posta elettronica, non è considerato invece nei piani tariffari dell’azienda.
Stando alla nota Telecom le prime fatture con tariffe TAT saranno emesse a gennaio 2000 per il traffico dell’ultimo bimestre dell’anno.
Roma – Sarebbe come se io, alla fine del mese, indicassi al mio datore di lavoro l’ammontare del mio stipendio autocertificandomi le ore lavorate. Sarebbe come se il mio datore di lavoro che abita dall’altra parte del mondo, fosse costretto a fidarsi dei miei calcoli e corrispondesse senza indugi lo stipendio da me stesso calcolato.
Nella faccenda fra Telecom e Autority delle Comunicazioni sul riequilibrio tariffario nel passaggio da TUT a TAT sta un pO’ accadendo questo, con la non trascurabile differenza che il Presidente dell’Autority Enzo Cheli e i membri che la compongono non abitano dall’altra parte del pianeta ma risiedono in Italia. Anche se davvero non sembrerebbe.
Telecom autocertifica qual è la durata media delle telefonate urbane in Italia e l’Autority ci crede, e su tali importantissime variabili viene ricalcolato il costo delle telefonate urbane per tutti gli italiani in vigore dal primo novembre, affinché il passaggio da un sistema di tariffazione all’altro non causi inasprimenti tariffari per i cittadini in aggiunta al già deciso aumento del canone.
Qualcuno però si è dato la pena di fare qualche controllo accorgendosi che un paio di anni fa Telecom aveva inviato all’Autority dati sulla durata media delle telefonate urbane assai differenti da quelli di quest’anno. Le telefonate di media durata (3 minuti), per le quali si pagherà con la nuova tariffazione il 51 per cento in più, erano nel 1996 il 49 per cento, nel 97 e 98 invece sono diventate il 36 per cento. Possibile? Gli italiani hanno in massa e nel giro di poco tempo ridotto la durata delle loro comunicazioni telefoniche di quasi il 15 per cento? Paola Manacorda ha dichiarato in ogni caso che l’Autority “non era tenuta” al confronto coi dati precedenti al 98.
Nel frattempo il depositario dei dati inviati da Telecom, il direttore dell’Autority, Romano Righetti, si è licenziato e non potrà dare il suo illuminato parere sulla spinosa questione. Da qualche mese Righetti è approdato ad una poltrona di alta dirigenza in una grande compagia di telecomunicazione. Telecom Italia, ovviamente.
E allora che senso ha continuare a illuderci che l’organismo presieduto da Enzo Cheli, che dovrebbe avere un ruolo fondamentale di controllo e indirizzo del mercato delle telecomunicazioni, proponga finalmente qualche soluzione per lo sviluppo di Internet in Italia? Con quale autorevolezza questi soggetti che hanno innumerevoli volte dimostrato la loro totale, spesso volontaria inazione potranno essere garanti dei cittadini nei confronti dei grandi potentati economici?
Non vi è ragione per nutrire speranze di cambiamenti in tal senso; troppe sono ormai le “coincidenze” che fanno pensare all’ “L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni” come ad un organismo totalmente inefficace.
L’elenco delle scelte discutibili e delle non scelte dell’Autority è lunghissimo. Per quanto riguarda gli utenti Internet, l’ultima è stata quella di negare (per ragioni normative assai risibili) le riduzioni tariffarie per l’accesso, sebbene il governo avesse fatto una legge in materia. Senza dimenticare che il mercato dell’accesso a Internet sta ancora aspettando che Cheli estragga dal solito profondissimo cassetto le decisioni dell’organismo sull'”ultimo miglio” che condizioneranno pesantemente il nascente mercato della “larga banda”.
Nel frattempo Telecom partirà con le sue offerte per la connettività ADSL il primo dicembre mentre i suoi “teorici” concorrenti non sanno ancora a tutt’oggi se sarà loro concesso, ed a quale prezzo, fornire i medesimi servizi. Le decisioni arriveranno, anche in questo caso, fuori tempo massimo.
E ‘ in atto in questi giorni un intenso lavoro diplomatico per attutire le polemiche sui 100 miliardi di costi aggiuntivi che graveranno sulle spalle degli italiani nel passaggio da TUT a TAT. Minimizza l’Autority delle Comunicazioni ovviamente (perche non dovremmo fidarci dei numeri di Telecom? si chiedono stupiti), minimizza l’occhialuto sottosegretario Vita, esperto governativo di comunicazioni che propone di partire comunque con la TAT per poi fare, magari “in seguito”, qualche piccolo controllo di congruità sui numeri dichiarati da Telecom. A farlo “prima” nessuno ci ha ovviamente pensato.
Per quanto ci riguarda non vorremmo esprimere pareri sull’istituto giuridico delle Autority, che funzionano egregiamente già da anni in molti paesi del mondo e sono spesso diventate un simbolo per la tempestività ed autonomia delle loro decisioni. Non vorremmo come si usa dire “buttare via il bambino con l’acqua sporca” ma un piccolo giudizio di valore sulle singole persone ci sarà consentito.
E allora: Enzo Cheli, Mario Lari, Alessandro Luciano, Vincenzo Monaci, Silvio Traversa, Paola Manacorda, Alfredo Meocci, Antonio Pilati e Giuseppe Sangiorgi, rispettivamente Presidente e membri eletti della Autority delle Comunicazioni se ne devono andare.
Qualcuno che faccia “meno peggio” di così non sarà difficile trovarlo.