La crisi economica in atto ha costretto molti produttori di memorie flash, tra i quali Toshiba e SanDisk, a rallentare la produzione di chip NAND flash, ma ciò non significa che sviluppo e ricerca sia siano fermate. La svizzera Numonyx , ad esempio, che è una delle più promettenti start-up di questo settore, ha annunciato l’introduzione di alcuni nuovi dispositivi di memoria flash prodotti con un processo a 41 nanometri, uno dei più avanzati attualmente disponibili nell’industria dei semiconduttori.
I nuovi prodotti includono chip NAND flash multi-level cell (MLC) da 32 Gbit, moduli di memoria Embedded MMC (eMMC) da 32 GB e schede microSD da 8 GB. Tutti questi dispositivi di memoria sono accomunati dall’utilizzo di transistor della dimensione di 41 nm, contro quelli da 48 e 57 nm utilizzati nelle precedenti generazioni di chip. Attualmente Samsung, leader di questo mercato, produce chip flash con transistor della dimensione di 43 nm, mentre Intel ha di recente annunciato una tecnologia di processo a 34 nm: al momento attuale, però BigI non ha ancora rilasciato alcun chip prodotto con questa nuova tecnologia.
La nuova generazione di chip NAND Flash aprirà la strada all’arrivo di dischi a stato solido (SSD) con capacità superiore ai 256 GB, sia nel formato 2,5 pollici che in quello a 1,8 pollici. Questo incremento di capacità, secondo gli esperti, determinerà anche un’ulteriore discesa dei prezzi dei dispositivi flash.
Oltre che negli SSD, le memorie NAND flash vengono utilizzare in una grande varietà di device consumer, inclusi telefoni cellulari, PDA e player MP3.
Molti esperti sono convinti che, una volta raggiunti processi di produzione da 10-20 nanometri, ci si scontrerà inevitabilmente con i limiti della miniaturizzazione e della tecnologia. Il problema, oltre che fisico, è pratico: sotto un certo valore, le attuali lenti ottiche, che consentono di focalizzare i laser che incidono tanti bei chip sui wafer di silicio, vanno in crisi. Un tempo si stimava che il limite massimo raggiungibile fosse addirittura superiore ai livelli raggiunti attualmente, ma in ogni caso – complice il restringersi delle giunzioni e la diminuzione degli elettroni utili, e la maggiore incidenza delle imprecisioni nel funzionamento – la tecnologia corrente è agli sgoccioli.
Come hanno spiegato alcuni ricercatori intervenuti presso l’International Electron Device Meeting ( IEDM ) di San Francisco, appare ormai chiaro che i produttori di memorie non volatili debbano cominciare a prendere in considerazione le alternative ai chip flash tradizionali, e ad investire maggiormente sulla ricerca. Sebbene parlare di investimenti in piena recessione economica appaia fuori luogo, gli esperti sostengono che se i produttori di memorie flash non sapranno guardare oltre l’orizzonte fin d’ora, tra meno di 10 anni potrebbero trovarsi in guai anche peggiori di quelli che già devono affrontare.
Tra le alternative alle memorie flash citate durante l’IEDM vi sono le Phase-Change Memory ( PCM ), le Resistive RAM ( RRAM ) e le Programmable Metallization Cell ( PMC ).