È finito ancora una volta al centro del mirino, a causa di quello slogan aziendale che proprio non va giù alle grandi etichette discografiche. Il noto servizio di streaming musicale Grooveshark è dunque stato bersaglio di numerose offensive legali, in primis avviate dai vertici di EMI Music per la possibilità offerta agli utenti di “ascoltare liberamente qualsiasi canzone del mondo”.
La piattaforma statunitense è ora finita nelle grinfie degli alti rappresentanti della RettighedsAlliancen , organizzazione antipirateria operativa in Danimarca. Il gruppo si è rivolto ad un giudice locale per ottenere il blocco a mezzo DNS di tutti gli accessi al servizio di streaming fornito da Grooveshark .
Di cosa sono accusati gli squali statunitensi dello streaming? Secondo i vertici di RettighedsAlliancen , Grooveshark avrebbe favorito la violazione sistematica del diritto d’autore, non avendo mai ottenuto accordi di licenza per la conseguente distribuzione online delle canzoni . Si parla ovviamente di major del disco, dato che gli stessi gestori di Grooveshark avevano già parlato di un patto con centinaia di etichette indipendenti.
Alle accuse in terra danese ha prontamente risposto il vicepresidente di Grooveshark Paul Geller, a sottolineare come il servizio sia del tutto legale. Avendo sempre rispettato i dettami del Digital Millennium Copyright Act (DMCA), ovvero rimuovendo tutto il materiale sgradito ai legittimi detentori dei diritti . Una posizione già espressa in passato, in seguito alla rimozione dell’app Grooveshark dai meandri dell’Android Market.
Non dello stesso avviso il gruppo antipirateria danese. Le regole del DMCA sarebbero troppo morbide nei confronti dei cosiddetti intermediari della Rete . Competitor illegali come Grooveshark rappresenterebbero un pericolo per il sano sviluppo di un mercato in cui è entrato da poco anche Spotify. Proprio questa “coincidenza” ha fatto storcere il naso ai membri locali del Partito Pirata.
Mauro Vecchio